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La piroetta di Draghi (e del neoliberismo)

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In un articolo apparso sul Financial Times – a firma di Mario Draghi – l’ex presidente della BCE invoca la libertà degli stati ad aumentare il debito pubblico, come unica arma contro l’imminente recessione. Un’illuminazione arrivata con delle tempistiche sospette, la quale sembra preannunciare la sconfitta del progetto europeo e del neoliberismo.

di Andrea Zhok

L’articolo di Draghi è impressionante. Impressionante perché disegna, con la fredda naturalezza che lo caratterizza, prospettive sconvolgenti, prospettive che fino a qualche settimana fa, quando erano presentate in pubblico apparivano come le escogitazioni di gruppetti di intellettuali carbonari, prospettive che hanno dietro di sé una logica ferrea (e che l’avevano anche prima di essere sdoganate da Draghi, naturalmente).

Naturalmente ciò che è cambiato non è Draghi, ma lo spazio in cui muoversi. Finché si trattava di salvare piccole aziende e posti di lavoro tutte queste possibilità cadevano nel vuoto (e chi le proponeva veniva deriso come incompetente dagli esperti a gettone, cooptati dai media nazionali).
Ora che a rischiare la pelle sono tutti, grandi e piccoli, lavoratori e imprese, ciò che prima era impensabile diviene non solo pensabile ma obbligato.

Consiglio di leggerlo con attenzione.

P.S.: Quale che sia l’esito dell’Eurogruppo di oggi, Draghi sarà il Presidente del Consiglio del prossimo governo di unità nazionale.

P.P.S.: Il fatto che nel testo non occorra mai un riferimento all’Unione Europea o a istituzioni europee non mi pare affatto casuale. Si parla di ‘governi’, di ‘Europa’ e di ‘Europei’, ma nel quadro di ciò che bisogna fare non si menziona come un fattore essenziale nessuna delle strutture istituzionali dell’Unione Europea. O è data per morta o per aggirabile (il che è lo stesso).

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