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Lo sgambetto strumentale del MoVimento e la fuga di Sua Maestà Draghi

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L’epilogo della crisi di Governo consumatosi nella giornata di ieri ha messo in evidenza due aspetti principali: la ricerca di una rinnovata verginità politica del MoVimento – a fini elettorali – e lo scaltro passo indietro di Draghi.

di Andrea Zhok

L’impressione rispetto al balletto istituzionale di ieri è straniante. Quel che resta del M5S, dopo aver visto gli ultimi sondaggi, è stato attraversato da un piccolissimo sospetto e si è immaginato a breve in compagnia degli stegosauri, nella compagine degli organismi estinti.

Così hanno deciso di inscenare un finto rabbuffo al presidente del consiglio. Dopo aver firmato, controfirmato e annuito entusiasti per mesi alla qualunque, dal green pass all’invio di armi nel nome della russofobia, hanno deciso di botto di fare la faccetta corrucciata al premier.

La speranza era che gli italiani, complici magari le vacanze e il caldo, cancellino dalla memoria l’organicità del M5S al peggior governo di sempre e gli riconcedano pian piano una nuova verginità da “combattenti del popolo”, giusto il tempo che serve per arrivare alle prossime elezioni.

Però, sia chiaro, il rabbuffo doveva essere rigorosamente finto, giusto per consentire ai pennivendoli di riempire qualche prima pagina di preoccupazioni pacchiane (“Après Mario le déluge!”). Infatti non hanno votato contro, ma hanno semplicemente voluto segnalare con l’astensione il proprio scontento. Con loro grande sorpresa Draghi ha colto la palla al balzo ed è salito immediatamente al colle.

Già, perché il viceré della Nato in Italia tutto è meno che uno stupido, e capisce benissimo che, dopo aver massacrato il paese e averlo condotto – per obbedienza ad ordini superiori – alla catastrofe industriale incombente, in autunno corre il rischio di venir inseguito con i forconi e non vede l’ora di lasciare il cerino in mano a qualche utile idiota, che traghetti il paese ad elezioni, meglio ancora se anticipate.

Solo che a questo punto, inopinatamente, Mattarella ha ricordato al premier che stava scappando senza neanche essere stato sfiduciato, e che doveva tornare in Transatlatico (“Salga a bordo, cazzo!!”).

Morale della favola: dopo aver devastato il devastabile che neanche le cavallette ora siamo alla grande fuga, alla ricerca di verginità improbabili o almeno di un buen retiro fuori dai riflettori (“Che se la vedano loro ‘sti mentecatti, io c’ho da nutrire gli alani”).

Intanto il paese cigola e geme sugli scogli come la Costa Concordia, in attesa di venir fatto a pezzi e rimosso dall’orizzonte, per riutilizzo come materia prima altrui.
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