Ieri sera è andata in onda la settantatreesima edizione del nostro festival canoro. Un’edizione già trionfalmente annunciata da tutti i media da settimane quasi fosse un evento epocale di portata storica. Già dall’incipit e dalle prime battute si è capito a cosa saremmo andati incontro. Si è partiti dall’annuncio della presenza sul palco delle autorità niente meno che del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con figlia al seguito, annuncio seguito poi addirittura dall’esecuzione dell’Inno Nazionale.
Ora a noi tutta questa messinscena sembra parecchio fuori luogo non perché il nostro Presidente non abbia il diritto sacrosanto di andare a vedere gli spettacoli che vuole ma perché in questo caso lo si è fatto dando all’evento una forma pubblica. Un’ufficialità che francamente la manifestazione non meritava se no a questo punto ci viene da sospettare che gli incontri politici e diplomatici e i funerali di stato siano da considerare sullo stesso piano del nostro festival in che, scusate, ci sembrerebbe un tantino aberrante.
Per dare ancora più “lustro” all’evento si è poi fatto catapultare sul palco il solito Roberto Benigni il quale si è sciolto in una profusione un po’ “lecchina” della nostra Costituzione e delle cosiddette libertà che questa legge suprema dello stato stabilirebbe. Costituzione che, guarda caso, come ha ricordato non senza una buona dose di piaggeria, lo stesso Benigni, tra i suoi artefici elenca pure il nome del padre del Presidente Mattarella. Ma non finisce qui perché il nostro guitto nazionale non poteva poi non avventurarsi nel solito peana vittimista sulle malefatte del fascismo e sulle deleterie condizioni in cui gli italiani si sarebbero ritrovati nel ventennio tirannico e totalitario.
Ovviamente il nostro “simpatico” attore, lettore di divine commedie nonché opinionista super pagato da mamma Rai, si è evidentemente dimenticato di come le libertà costituzionali tanto portate in auge quando si tratta di attaccare indirettamente il governo della Meloni, siano diventate carta straccia quando gli italiani, quasi sotto minaccia armata, sono stati costretti a chiudersi in casa, a non lavorare e a subire trattamenti sanitari contro la propria volontà. E’ chiaro l’intento, gestito nei corridoi di palazzo da parte del PD e di tutta la sinistra sconfitta, di diffondere zizzania e provocare reazioni rabbiose contro chi è stato eletto dalla, questa sì, sacrosanta volontà popolare.
Ed ecco quindi dispiegato tutto il solito armamentario trito e ritrito su cui la stessa sinistra ha impostato la gestione del potere in Italia da quando gli eventi del dopo guerra glielo hanno consentito. Ci si continua ad “attaccare” sui pericoli del Fascismo, sulle libertà fasulle della nostra comunque discutibile Costituzione, frutto di un deprimente e malaugurato compromesso catto-comunista, utilizzando la solita tracotanza e demagogia di chi cerca disperatamente di riprendersi quel potere assoluto che il Popolo Italiano gli ha finalmente tolto di mano.
La rassegna canora è poi andata avanti con il solito “nulla” fatto di qualche isolato cantante decente ma con pessime canzoni da eseguire, e di molti ragazzotti senza né arte né parte vestiti alla “hua boy” e che, incapaci di cantare, parlano in “rappese” giusto per fare qualcosa sul palco. E che dire dello pseudo cantante Blanco che, sull’esempio “illuminante” dei “Maneskin“, altri degni “trovieri” della sinistra rabbiosa, si “esibisce” distruggendo tutto quello che c’era da distruggere sul palco dell’Ariston provocando, era ora, la reazione sdegnata del pubblico.
Non avremmo voluto essere nei panni del nostro Amadeus che francamente non sapeva più che pesci pigliare ma che, e questo non lo abbiamo capito, ha invitato il nostro bulletto di periferia a “cantare” di nuovo magari spaccando di nuovo quello che si era salvato dalla sua rabbia devastatrice. Meno male che il pubblico ha continuato a fischiare, con la sola eccezione della moglie dello stesso Amadeus che, non si sa bene perché, ha continuato ad applaudire. Dobbiamo forse sospettare che la signora ha gradito l’idiozia e l’ignoranza suprema che era appena andata in onda?
E che dire della signora Ferragni, altra porta voce della sinistra blaterante ma piena di soldi, che si è poi presentata sul palco con un vestito invisibile tanto da far vedere tutto quello che c’era da vedere, e meno male che qualcuno ha detto che era tutto disegnato, ma a questo punto, ci chiediamo noi, a che cosa sarebbe comunque servita questa volgare messinscena se non a cercare disperatamente quell’audience di cui la nostra manifestazione si nutre vampirescamente per sopravvivere.
Perché qui sta il punto, del Festival di San Remo o almeno dell’erede indegno di quello che fu negli anni d’oro in cui ci andava solo chi sapeva cantare, non gliene frega più niente a nessuno. Ma questo ovviamente non può essere svelato perché se no vanno in fumo tanti soldini o meglio non vanno più nelle tasche di chi continua a camparci alla faccia nostra e di chi paga il canone-balzello della Rai.