Il 27 sera scorso Rai 3 ha mandato in onda una puntata della trasmissione serale “Che sarà” interamente dedicata, come da copione, al “Giorno della memoria“. La trasmissione era condotta come al solito dalla giornalista Serena Bortone. Ora, a parte il fatto che, se giorno della memoria deve essere, bisognerebbe ricomprendervi anche il ricordo delle decine di milioni di vittime dei vari regimi comunisti e di tutte le guerre che hanno caratterizzato l’assai triste storia dell’umanità, sabato sera si è avuta la conferma di quanto la Terza Rete della Rai sia ancora controllata politicamente dal Partito Democratico e dalla faziosa demagogia che da sempre lo caratterizza. A scatenare la nostra reazione e la nostra indignazione, a questo punto sacrosanta, è stato il trattamento umiliante a cui è stato sottoposto uno degli invitati in collegamento diretto con lo studio, l’ex senatore della Lega, Simone Pillon.
Il politico leghista
avrebbe dovuto partecipare (quale grande colpa), e speriamo che lo faccia davvero, al prossimo convegno “Homo occidentalis” in cui si dovrà discutere sul momento storico che la nostra società sta purtroppo vivendo. Già nel momento in cui Pillon, in veste di “vittima sacrificale”, ha osato parlare di totale e pericolosa decadenza morale in cui starebbe collassando la nostra società occidentale, è stato quasi sbeffeggiato dalla conduttrice e dalla giornalista Tiziana Ferrario, anche lei ospite della trasmissione, come se fosse il rappresentante di una sorta di strana e folcloristica minoranza.
Quando poi lo stesso Pillon ha proseguito osando dire che la nostra società è arrivata al punto di non essere neppure più in grado di distinguere un maschio da una femmina apriti cielo. Nonostante le battute del comico, lui sì nell’esercizio delle sue funzioni, Gene Gnocchi, forse per stemperare l’atmosfera che si stava facendo sempre più tesa, la conduttrice ha proseguito con il suo tono da maestrina delle elementari cercando in tutti i modi di ridicolizzare il suo ben poco amato ospite. Ospite che, senza colpe, si è ritrovato a destreggiarsi in mezzo ad una vera e propria trappola organizzata. Anzi sarebbe meglio chiamare la cosa con il suo vero nome: “agguato ideologico” in chiave televisiva.
Pillon ha cercato di ribattere
in modo civile e corretto quello che la Bortone e la Ferrario vere e proprie “troviere” del politicamente corretto, stavano dicendo con il tono tronfio di chi pensa di parlare a nome di un’entità superiore, ma il suo sacrosanto diritto di replica andava ad infrangersi contro il muro di cemento eretto attorno alla sua persona. Pillon è comunque riuscito in mezzo al coro ostile che lo contrastava di ribattere affermando che in queste condizioni il nostro mondo occidentale non ha un domani, una società dove, sante parole, configurare una famiglia con un padre e una madre equivale quasi ad un insulto.
Il culmine però dell’attacco frontale a cui Pillon è stato sottoposto è arrivato quando, Dio ce ne scampi e ce ne liberi, il politico leghista ha “osato” affermare che oltre ai saluti romani, a suo dire da stigmatizzare sempre e comunque, bisognerebbe prendere anche in considerazione le moltissime braccia tese ma con il pugno chiuso di chi ancora si permette di idolatrare i regimi comunisti e sovietici colpevoli di stragi immense, quasi infinite, che hanno e continuano invece a ricevere la benevola complicità di chi volta la testa dall’altra parte facendo finta di niente. A questo punto la Bortone dall’alto della fetta di potere che l’ente di servizio pubblico le ha dato, nostro malgrado, a suo tempo, ha liquidato lo sgradito ospite con il più classico degli “arrivederci e grazie” troncandogli il collegamento in diretta.
Che dire a questo punto
di questo assai pietoso teatrino del sabato sera se non che sarebbe finalmente ora che la mai morta “Telekabul” come veniva già chiamata negli anni settanta, subisca finalmente una salutare scrematura a vantaggio degli utenti che pagano un servizio pubblico per ricevere invece veri e propri indecenti, lavacri del cervello come si faceva in Cambogia nei campi di concentramento del “pio” Pol Pot, campi di concentramento di cui nessuno ovviamente osa ricordarsi per non offendere la difesa e il ricordo del Popolo Ebraico troppo utile e indispensabile in chiave demagogica ed elettorale al popolo della sinistra. Popolo a cui ovviamente si continua a perdonare il proprio passato da socialismo reale proprio perché quello stesso socialismo era stato pietisticamente sottostimato e quasi perdonato solo per aver, a detta loro, ma le cose non andarono proprio in quei termini, vinto quasi da soli, la guerra contro i nazisti.