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Il fallimento del Governo tra Libia, migranti e legge di bilancio

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Il Governo gialloverde si avvia verso l’autunno con in mano tre dossier decisivi: migranti, Libia e legge di bilancio. Le premesse però non sono quelle buone.

Finiti i tempi degli slogan e della propaganda post elettorale, il nuovo Governo si trova ora a dover affrontare i primi risultati di quello che sta seminando. Ciò che appare però evidente è che l’esecutivo non ha intrapreso quella strada del cambiamento annunciata più volte, o semplicemente non è ancora pronto.

La crisi con la Tunisia

Il dossier sull’immigrazione è stato sicuramente quello su cui il Governo ha speso più energie. Il risultato? Ancora un nulla di fatto. L’Italia si trova ancora infatti a gestire l’immigrazione irregolare caso per caso, senza una strategia nazionale né tanto meno europea. Per esempio un paio di giorni fa un peschereccio partito dal porto tunisino di Zarzis ha raccolto in mare alcuni immigrati partiti proprio dalla Tunisia.

Alla volontà del capitano dell’imbarcazione di voler fare marcia indietro verso il Nord Africa, gli immigrati avrebbero espresso in maniera violenta il loro dissenso. Il peschereccio è stato così costretto a virare verso le coste italiane, dove gli immigrati e i membri dell’equipaggio sono poi stati trattenuti dalle autorità nostrane. In Tunisia sono scattate proteste di fronte all’Ambasciata d’Italia di Tunisi, nonostante l’ottimo rapporto che lega le società civili dei due Paesi. Un segnale che dimostra come la strategia “caso per caso” finora adottata dal Governo italiano non solo non porti a nulla, ma possa rischiare di deteriorare rapporti che dovrebbero essere invece utilissimi per la gestione del fenomeno migratorio. La Tunisia, come la Libia, dovrebbero essere al centro dell’agenda diplomatica italiana.

La mancanza di esperienza diplomatica ha fatto perdere la Libia

Ecco, appunto, la Libia. Come già scritto in precedenza su queste pagine, il nuovo esecutivo, seguendo esattamente quanto fatto dai Governi precedenti, ha voluto a tutti i costi puntare su un unico interlocutore, Al Serraj. Scelta rivelatasi sbagliata, visto che lo stesso si trova ora sotto assedio di più milizie. Libia e migrazione sembrano dunque due partite perse, ma un motivo per questo fallimento c’è. Nell’attuale esecutivo manca infatti una figura di spicco, incaricata nella gestione della politica estera. Da giugno ad oggi, in Libia, si sono infatti avvicendati

Luca Giansanti insieme al Presidente iraniano Ahmadinejad

senza successo Matteo Salvini, Enzo Moavero Milanesi ed Elisabetta Trenta.

Nessuno dei tre pare però avere l’esperienza e la caratura necessaria per dare una vera svolta alla diplomazia di Roma, che possa davvero andare verso l’interesse nazionale. Inizia a pesare quella sostituzione fatta nei giorni convulsi di inizio giugno tra Luca Giansanti e Moavero Milanesi alla guida del castero degli Esteri. Giansanti, diplomatico di lungo corso con consistente esperienza a Teheran, avrebbe potuto rappresentare quel punto di svolta che ora manca.

Il Governo prima “sfora” poi “sfiora” il 3%

Passando dagli esteri ai confini nazionali, i dossier dell’esecutivo però continuano a non sorridere. Si fa sempre più vicina la stesura finale della nuova legge di bilancio. “Sforeremo il 3%” aveva detto una settimana fa Luigi Di Maio. L’immediata minaccia lanciata dalla Commissione europea ha però fatto aggiustare il tiro al Governo italiano che ha, in fretta e furia, aggiunto una i. “Sfioreremo il 3%” ha infatti dichiarato Matteo Salvini nelle ultime ore. Resta dunque la grande perplessità rispetto all’ipotetico inserimento di flat tax, abolizione Fornero e reddito di cittadinanza all’interno di una legge di bilancio che continuerà a essere vincolata al fatidico parametro.

Riforme che vanno nella direzione di meno tasse e più investimenti pubblici non si conciliano con un vincolo che in sostanza pretende il pareggio di bilancio. Cioè le tasse devono essere eguali agli investimenti. C’è stato dunque un passo indietro dell’esecutivo che potrebbe essere dovuto alla previste congiunture economiche internazionali, tra cui la possibile fine della fase espansiva e la già annunciata chiusura dei rubinetti da parte della Banca centrale europea.

Le riforme evidentemente aspetteranno

Ci saranno le elezioni europee di mezzo e il Governo italiano preferisce forse giocare le sue carte migliori quando in Europa potrebbe esserci maggioranza sovranista. A differenza degli esteri, il dossier economico potrebbe avere dunque un destino migliore, anche a fronte delle personalità di spicco all’interno della maggioranza. Tutti ormai conoscono le idee e gli obiettivi di Paolo Savona, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, ma anche lo stesso Giovanni Tria non ha mai nascosto la sua intolleranza verso il modello germanocentrico. L’economia italiana forse sarà salva e si riprenderà, mentre per la politica estera si aspetta ancora la luce in fondo al tunnel.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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