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La nostra economia in mano a Gualtieri: il ritratto dell’ennesimo marxista pentito

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Sta passando curiosamente sotto traccia la figura di Roberto Gualtieri, l’esponente del Partito Democratico a cui Giuseppe Conte ha consegnato le chiavi del ministero dell’Economia.

Curiosamente, perché ritenevamo che i recenti eventi politici avessero aperto gli occhi a media ed opinione pubblica sul peso considerevole che tale dicastero possiede all’interno dell’esecutivo. Il ministero dell’Economia è così importante da aver scomodato un veto costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica rispetto all’ingresso di Paolo Savona.

I media e l’opinione pubblica non avrebbero poi non potuto cogliere l’importanza del ruolo dell’ex ministro Giovanni Tria, durante le trattative con la Commissione europea dietro la minaccia di una procedura d’infrazione. L’opposizione dello stesso Tria alla flat tax sembra poi essere stata il vero pomo della discordia che ha portato la Lega ad uscire dalla maggioranza gialloverde, come rivelato da Claudio Borghi e da Alberto Bagnai.

Insomma non si capisce il motivo per cui i media abbiano tenuto un profilo così basso rispetto al nuovo inquilino del ministero dell’Economia, che avrà immediatamente in mano il testo della prossima manovra finanziaria.

(Christine Lagarde applaude la nomina di Gualtieri)

Forse non si è parlato troppo della nomina di Gualtieri

perché non si voleva in questo modo sottolineare la differenza tra il concetto di maggioranza relativa, quella dei 5 Stelle nelle Camere, e quello di potere effettivo. Roberto Gualtieri, nuovo ministro dell’Economia, appartiene infatti al Partito Democratico che, senza nemmeno troppa fatica, è riuscito a sfilare ai grillini le chiavi del dicastero più importante tra tutti. Esiste quindi una differenza reale, oltre che semantica, tra la maggioranza relativa e il potere effettivo.

Gualtieri però, oltre ad una precisa appartenenza politica, rappresenta un modello di intellettuale che ormai va di moda nell’area progressista italiana da oltre trent’anni a questa parte: ovvero il marxista pentito.

Si tratta di una particolare scuola di pensiero che ha trovato fortuna negli esponenti di punta di quel centrosinistra italiano sorto dalle ceneri del PCI. Gli adepti di questa corrente sono stati formati talmente bene che le loro biografie risultano talvolta perfettamente sovrapponibili. Il copione di Gualtieri è infatti una storia già letta e riletta.

Entusiasta seguace delle teorie economiche afferenti a Karl Marx

durante gli anni universitari, riesce, dopo la laurea, ad ottenere una cattedra presso La Sapienza di Roma oltre al prestigioso ruolo di vicepresidente dell’Istituto Gramsci. Cuore rosso, pugno chiuso e tanta buona volontà di combattere un sistema, quello capitalista, ritenuto ingiusto e iniquo.

Quant’è rossa giovinezza che si fugge tuttavia.

Ed ecco che l’ingresso nel fantastico mondo delle poltrone causa in Gualtieri quella che può essere interpretata come illuminazione sulla via di Bruxelles. Un’inversione di rotta tale da comportare una drastica revisione delle sue teorie di politica economica.

Come tanti prima di lui, da D’Alema a Napolitano, da Fassino a Bertinotti, Gualtieri scopre un nuovo eldorado, non più rosso, ma verde, come i dollari, e blu come la bandiera dell’Unione europea. Dal 2009 fino al 2019, ovvero fino alla sua recente nomina come ministro dell’Economia, Gualtieri è stipendiato fisso nel Parlamento europeo, dove ha esercito un ruolo determinante nel sostegno di politiche economiche che afferiscono all’area neoliberista.

Gualtieri insieme a D’Alema e Domenici

Insomma tutto che quello che il maestro Karl Marx

criticava nei suoi libri, Gualtieri lo ha invece appoggiato e caldeggiato durante la sua lunga carriera al Parlamento europeo. Ha lavorato infatti alla stesura del nuovo patto di bilancio europeo e del trattato di stabilità, ha poi contribuito alla riforma dell’Unione bancaria, collaborando sempre a stretto contatto con Guy Verhofstadt, l’europarlamentare belga più volte accusato di lobbismo spregiudicato.

Si segnala poi l’opposizione dura che lo stesso Gualtieri ha sempre riservato nei confronti del Governo gialloverde, in particolare per quel che riguarda la fiducia dei mercati verso l’Italia, l’attenzione allo spread e la credibilità del debito pubblico. Il tutto unito ad una feroce critica verso le misure di quota 100 e reddito di cittadinanza. L’esatto opposto di quello che ci si aspetterebbe da un marxista convinto.

Gualtieri è dunque l’ennesimo rappresentante di quella classe di intellettuali e politici pentiti. Una generazione di marxisti, che ha passato la gioventù occupando scuole, organizzando manifestazioni, stringendo la mano ad operai e disoccupati, per poi voltargli le spalle. La macchina con autista, i viaggi in aereo pagati e un bell’ufficio sono stati probabilmente gli argomenti che hanno convinto Gualtieri, e tutti quelli come lui, ad abbandonare noiose ed infruttuose lotte sociali, per abbracciare soldi e comodità.

Nota a margine

Gualtieri non ha però del tutto accantonato l’eskimo rosso. Si può infatti facilmente scovare in rete il neo ministro dell’Economia mentre con la chitarra intona le note di Bella Ciao. Ce lo immaginiamo un po’ romanticamente quando sulle note di quella canzone partigiana riconsegnerà ancora una volta ai tedeschi le chiavi dell’economia del nostro Paese.

 

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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