Nel mondo dei liberali, esiste un’ipocrisia manifesta e difficilmente sanabile: predicare l’imperscrutabile necessità del libero mercato, salvo poi usufruire dell’intervento dello Stato in economia.
Autore: Gilberto Trombetta
Infatti, ricapitolando: diverse istituzioni liberali, tanto centri di ricerca quanto università e quotidiani, asseriscono determinati assiomi economici, ma non li rispettano per sé. La Fondazione Luigi Einaudi e l’Istituto Bruno Leoni percepiscono finanziamenti pubblici; così come l’Università Bocconi ed il quotidiano Il Foglio.
Ovverosia, alcune tra le maggiori istituzioni private che credono nel liberalismo e lo sostengono, restano in piedi anche grazie ai soldi pubblici. Quindi, dei cittadini italiani, dal momento che l’Italia appartiene all’architettura unionista dell’Unione Europea e dell’euro, ed è costretta ad un prepotente avanzo primario (cioè, a non spendere in deficit).
Però quando servirebbero soldi pubblici per le fabbriche dove i cittadini lavorano, per le librerie dove si comprano i libri, per riprendersi e manutenere un monopolio naturale come le autostrade, per i musei con la storia di un intero Paese, per le scuole e le università pubbliche dove i giovani studiano ed hanno studiato, per gli ospedali in cui le persone si curano, allora no: quella sarebbe spesa pubblica brutta e improduttiva e non devono quindi essere salvati.
E infatti l’Italia è in avanzo primario da 27 anni. Cioè lo Stato toglie ai cittadini ogni anno più di quanto dia loro.
Però per i liberali, quelli che da decenni invocano il contatto con la durezza del vivere per i lavoratori italiani, guarda caso, i soldi pubblici ci sono. Sempre. Perché i liberali sono fatti così: la mano invisibile del mercato la vogliono solo per gli altri, mentre a loro piace la mano ben visibile dello Stato.
Applicano la Costituzione per loro ed i trattati europei per gli altri. Mentre hanno la faccia di bronzo di predicare da decenni l’esatto contrario. Sarebbe anche ora di ristabilire un minimo di senso della normalità.
Sarebbe quindi ora che chi ha sempre sostenuto e sostiene le magiche virtù del libero mercato e del meno Stato, venisse immediatamente privato di qualsiasi sostegno derivante dalla spesa pubblica. E sarebbe invece ora di tornare ad applicare la Costituzione per il resto dei lavoratori. Quelli cioè che negli ultimi 30/40 anni sono stati davvero messi a contatto con la durezza del vivere.
Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni
Leggi anche:
La Bocconi predica il liberismo, ma vive anche di fondi pubblici