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I dati sul Covid-19 non tornano e i soliti noti stanno guadagnando cifre colossali

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Esiste una sola certezza all’interno del fenomeno Covid-19 ed è rappresentata dall’esistenza di una mole infinita di informazioni contraddittorie.

di Gabriele Tebaldi

Su ogni aspetto di questa pandemia è stata infatti riversata a cascata una quantità di dati ed informazioni, anche le più apparentemente attendibili, smentite, riconfermate e ancora smentite nel giro di ore, minuti e secondi. La conseguente e comprensibile confusione nella testa dei cittadini inermi di fronte a questo scenario ha potuto avere un solo possibile esito: l’incapacità di leggere il fenomeno Covid-19 nella sua totalità.

D’altronde essere messi costantemente sotto stress per capire se oggi l’utilizzo della mascherina possa essere lecito o meno può distogliere l’attenzione dalle dinamiche macroscopiche che stanno ruotando intorno alla pandemia. Solo persone con mille pensieri per la testa, come lo è ora la maggior parte dei cittadini, potrebbero pensare ingenuamente che un evento di questa portata non abbia smosso nel profondo gli interessi di chi detta le regole del gioco economico mondiale.

Proviamo ora

a ricostruire alcuni passaggi legati alla diffusione del Covid-19, in particolare in Italia, per rileggere i dati in un’ottica più ampia, diversa forse da quella proposta dal mainstream, per paventare così i possibili scenari futuri.

E’ ormai fatto acclarato che il Governo italiano fosse stato informato sulla pericolosità del nuovo Coronavirus già all’inzio del gennaio 2020. Lo hanno rivelato gli avvocati Sinagra e Taormina e lo ha in qualche modo ammesso lo stesso Governo, che per bocca del Direttore generale del Ministero della salute, ha confermato l’esistenza di un piano d’emergenza già stilato a gennaio.

Nonostante questo, tra gennaio e i primi di marzo, il Governo non ha preso decisioni rilevanti per il contenimento del Covid-19, se non una temporanea e, subito revocata, chiusura dei voli diretti dalla Cina.

Si poteva fare di più? Forse. Sicuramente si poteva evitare di equiparare una potenziale emergenza ad uno scontro di bon ton politico. Tra gennaio e febbraio diversi esponenti della maggioranza, oltre allo stesso Capo dello Stato, hanno in un certo senso assimilato l’allarmismo da Covid-19 ad un non meglio imprecisato sentimento di razzismo verso i cinesi. Si può quindi ragionevolmente pensare che il non aver preso decisioni drastiche in quei due mesi (per esempio la chiusura dei voli diretti e indiretti da e per la Cina e l’obbligo di quarantena per chi arrivava da zone a rischio) possa essere riconducibile a scelte dettate dalla propaganda.

Bene.

A fine febbraio scoppia l’epidemia in Italia

e il Governo d’improvviso sveste i panni da educanda anti razzista per vestire quelli del prete di “Non ci resta che piangere”. Da “abbraccia un cinese” a “ricordati che devi morire”. Al clima di paura e tensione contribuiscono le conferenze stampa quotidiane della Protezione civile che aggiornano la popolazione su un numero di contagiati e morti del tutto relativo, perché basato su un numero di tamponi limitato. Contribuiscono anche alcune immagini di forte impatto emotivo: come le camionette militari che trasportavano i cadaveri dei deceduti di Bergamo. (Era proprio necessario rendere così visibile quel macabro convoglio?)

Insomma la popolazione è stata terrorizzata a dovere e le misure di chiusura totale dell’Italia e delle sue attività economiche e sociali state accettate senza fiatare.

Oggi, a tre mesi dallo scoppio della pandemia in Italia

abbiamo alcuni elementi che ci permettono di dare ulteriore luce sulla vicenda. Sappiamo per esempio che il numero di morti potrebbe essere stato determinato dalla terapia utilizzata per i contagiati arrivati in condizioni critiche in ospedale. Ecco cosa dice a proposito Flora Peyvandi, Direttore dell’Unità Emostasi e Trombosi del Policlinico di Milano:

Abbiamo verificato che vi era un’elevata mortalità in questi pazienti dovuta a embolia polmonare e ischemia cardiaca o cerebrale. A questo punto, insieme ai miei collaboratori, abbiamo deciso di ottimizzare la terapia anticoagulante con eparina, aumentandone la dose profilattica sulla base della gravità clinica del paziente. Abbiamo fin da subito cercato di disegnare un studio osservazionale adeguato alla valutazione del bilancio rischio/beneficio nell’applicazione di questa terapia.

Inoltre, presso i laboratori del Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi, che sono parte integrante dei servizi offerti dalla nostra UOC, abbiamo creato un laboratorio di ricerca per approfondire la conoscenza del sistema emostatico in pazienti affetti da COVID.

La grande collaborazione tra i clinici delle diverse unità operative del Policlinico e il gruppo di ricerca emostasi ci ha permesso di capire meglio tale coagulopatia e, mediante l’ottimizzazione della terapia, di ridurre significativamente la mortalità causata in questi pazienti da eventi trombotici.

Dichiarazione che risale al 20 aprile 2020.

Sembrerebbe quindi che tra i fattori determinanti dell’elevato numero di morti di soggetti arrivati in terapia intensiva, ci sia anche la scelta sbagliata del trattamento.

Aggiungiamo poi un altro tassello

al nostro puzzle: ovvero i dati. Dal momento che non c’è la possibilità di conoscere il numero reale di contagiati, a causa del limitato numero di tamponi realizzati, risulta del tutto fuorviante il quadro quotidiano della Protezione Civile. Perché rapportare il numero di morti su un numero di contagiati del tutto ipotetico?

L’unico approccio che appare logico per avere un quadro il più verosimile possibile è quello che prende in considerazione il numero di morti assoluti rispetto agli anni precedenti. Approccio tra l’altro sposato dall’Istat nel suo ultimo report sul tema. Ecco da questo emerge che:

Nel primo trimestre dell’anno si è passati da una media di 158.139 decessi nel quadriennio 2015-2019 a 175.631 morti nel 2020: insomma, un aumento dell’11,1% nel nostro Paese.

Sappiamo inoltre che dividendo l’Italia per aeree geografiche, il dato sulla mortalità rispetto agli anni scorsi cambia radicalmente. A Bergamo si è registrato per esempio un aumento della mortalità del 500%, mentre a Roma si è registrata una diminuzione del 9%.

Questi dati devono poi essere soppesati

con la consapevolezza che non esiste conoscenza certa sulla distinzione tra morti solo per il Covid-19 e morti con il Covid-19. A questo proposito ricordiamo che l’Istituto Superiore della Sanità aveva condotto una ricerca nel marzo 2020, i cui risultati dimostravano che, in un campione ristretto di popolazione, solo lo 0,8% era deceduto con la sola patologia di Covid-19.

Proviamo ora a tracciare un quadro riassuntivo. C’è un Governo che ha scelto deliberatamente di sottostimare l’arrivo di un virus sconosciuto. Lo stesso Governo si è poi accorto in ritardo di aver fatto la scelta sbagliata e ha deciso di rimediare, intervenendo in maniera brutale sulla vita socio economica dell’intero Paese. Si è poi registrato un aumento esponenziale dei morti, rispetto agli anni scorsi, solo in alcune precise zone d’Italia, su tutte Bergamo, a cui potrebbe aver contribuito l’approccio terapeutico sbagliato.

Nonostante questo, il Governo ha scelto di procedere alla riapertura, la cosiddetta fase due, imponendo protocolli di sicurezza uguali su tutto il territorio. Ristoranti, bar, negozi di vendita al dettaglio e impianti sportivi devono seguire le stesse regole da Bergamo a Roma. Inoltre, la narrazione governativa ha già preannunciato un possibile rialzo della curva dei contagi. E questa seconda ondata, a detta del Governo, sarà approcciata con lo stesso metodo già usato. Ovvero, chiusura indiscriminata di tutto.

Ci accorgiamo però

che tutto questo sta cambiando radicalmente la vita sociale ed economica, contribuendo alla velocizzazione di alcune dinamiche già in atto prima della diffusione della pandemia. La gestione del Covid-19 ha infatti contribuito ad una decisa redistribuzione delle ricchezze. Il settore della vendita al dettaglio era già per esempio in forte crisi prima della pandemia, a causa della concorrenza spietata dell’e-commerce. Dopo tre mesi di quarantena, sappiamo ora che l’Amazon di Jeff Bezos, che già dominava il mercato mondiale della logistica commerciale, ha registrato un surplus di profitto pari a 25 miliardi di dollari.

Anche il settore della ristorazione sembra sotto attacco di fronte alle misure di quarantena che anche nella fase due renderanno molto difficile un ritorno alla situazione preesistente. Come nel commercio Amazon sta guadagnando posizioni grazie al Covid-19, nella ristorazione stanno sbancando i colossi delle consegne a domicilio.

La Stampa preannunciava

un 2020 da record per alcune delle catene più conosciute, che si stanno organizzando per la gestione del mercato futuro. Just Eat e Takeaway, due delle multinazionali più importanti del settore della consegna del cibo a domicilio, hanno da poco approvato la rispettiva fusione.

Non sono solo le attività economiche ad essere coinvolte in questo radicale cambiamento. Ci sono anche le relazioni sociali, che oggi vengono gestite tenendo conto della distanza fisica imposta per legge. E così il fondatore di Zoom, la piattaforma online che consente di parlare con altre persone in videochiamata, festeggia. Profitti aumentati di oltre 2 miliardi in questi soli tre mesi.

Alla luce di questo non possiamo quindi non prendere in considerazione quello che appare come un grande e concretissimo rischio: ovvero l’utilizzo del Covid-19 per imporre una continua alternanza tra fase due e fase uno, senza la presenza di un’effettiva minaccia, ma con il solo scopo di distribuire i dividendi delle piccole e medie attività tra i colossi economici mondiali.

 

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