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Sull’OMT ed altre amene assurdità europee

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L’OMT è soltanto l’ultima, in conteggio, delle tante amene assurdità europee che l’Italia è economicamente costretta a rispettare. A suo esclusivo nocumento.

Autore: Gilberto Trombetta

Siamo in avanzo primario dalla firma dei trattati dei Maastricht, cioè dal 1992. Tutti gli anni tranne uno, il 2009. Avanzo primario vuol dire che lo Stato, al netto degli interessi passivi sul debito, ogni anno ci toglie più soldi di quanti ce ne dia in beni e servizi. Come uno strozzino per intenderci. In 20 anni, tra il 1995 e il 2015, ci ha tolto circa 700 miliardi di euro.

Ed infatti siamo entrati in una crisi di domanda da cui non siamo mai usciti. Per l’Unione Europea però non è abbastanza. Non contenta dell’assurdità del surreale limite del 3% al rapporto deficit/PIL, ha introdotto negli anni altri strumenti per favorire le asimmetrie tra i Paesi membri e le disuguaglianze tra la popolazione. PIL potenziale, NAIRU, Output Gap.

Ci dicono che una disoccupazione a due cifre sia “naturale“,

quando serve solo a comprimere i salari per non far aumentare i prezzi (NAIRU). Partendo da questo, calcolano quello che dovrebbe essere il PIL potenziale di un Paese, cioè come dovrebbe essere nel caso in cui la sua economia girasse “al massimo” senza produrre inflazione.

La differenza tra il PIL effettivo e quello potenziale, indica l’Output Gap: se secondo i conti fantasiosi della UE, l’Output Gap è positivo, vuol dire che il Paese sta operando “al di sopra” delle proprie capacità, col rischio di generare spirali inflazionistiche. Quindi deve fare austerità.

Non basta. C’è anche l’OMT: l’obiettivo di medio termine.

Introdotto col Patto di Stabilità e Crescita e col cosiddetto six pack, l’OMT è l’ennesimo strumento ideato per obbligare al rispetto dei vincoli di Maastricht sulla finanza pubblica. È stato cioè introdotto nell’armamentario delle assurde regole europee perché fornisce, o dovrebbe fornire, un margine di sicurezza per soddisfare il rispetto del parametro del rapporto deficit/PIL al 3%.

Ed è calcolato in maniera specifica Paese per Paese. Ed è tanto più penalizzante in base ad alcuni parametri, come l’invecchiamento della popolazione e il rapporto debito/PIL. Risulta quindi pro-ciclico in fase recessiva e anti-ciclico in fase di crescita dell’economia, soprattutto per Paesi come l’Italia. Risultando nei fatti mortale.

Insomma secondo la UE l’Italia dovrebbe ridurre il proprio rapporto debito/PIL ogni anno fino a quando non raggiungerà l’obiettivo del 60%. Secondo i calcoli della UE, il nostro “spazio fiscale” sarebbe del -4% del PIL…

In 20 anni di avanzo primario, con una media del 2,4%,

ci hanno sottratto più di 700 miliardi di euro e il rapporto debito/PIL non ha fatto altro che crescere. Com’era normale che fosse ammazzando con politiche di austerità la crescita del PIL impedendo allo Stato di intervenire nell’economia.

Ecco, nonostante l’Italia sia da sempre, dalla firma dei trattati, la prima della classe (o i più fessi del reame, dipende dai punti di vista), stando ai surreali parametri inventati dai tecnocrati europei, l’Italia resta il Paese che deve fare più sacrifici di tutti.

L’unica speranza per questo Paese, per i suoi abitanti, quindi per noi, di tornare a vivere in un Italia migliore e con un futuro dignitoso, è l’uscita senza se e senza ma da Unione Europea ed euro. Prima che sia troppo tardi.

Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni

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