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Dopo 12 anni i manager Thyssenkrupp del rogo di Torino ancora a piede libero

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Oggi ricorre il 12esimo anniversario della tragedia.

La Corte europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo ha da circa un mese aperto un procedimento contro l’Italia e la Germania. Ancora una volta, è l’azione dei parenti delle vittime della strage, straziati e senza una risposta, porta al risalto delle cronache – poche – un grido di giustizia.

Perché, chiedono i parenti delle vittime, nonostante le condanne, i vertici dell’azienda non siano in carcere.

Insieme ai parenti stretti delle vittime, 25 persone ad invocare la denegata giustizia c’è anche Antonio Boccuzzi, testimone diretto della tragedia e sopravvissuto.

Sono entrambi i Governi dei due paesi, secondo la tesi dei ricorrenti, ad aver denegato giustizia violando il diritto al rispetto alla vita dei ricorrenti. Nel 2016, come noto, due dirigenti tedeschi sono stati condannati in via definitiva per la strage, e considerati responsabili dalla giustizia in via ufficiale, sono ancora liberi.

La violazione del diritto alla vita

proverrebbe da continue

omissioni e i ritardi delle autorità italiane e tedesche nel dare esecuzione alla sentenza di condanna dei due manager.

Il procedimento è stato aperto dopo aver giaciuto sui banchi della Corte europea di Strasburgo per un anno e sette mesi, depositato il 12 aprile 2018.

Ricordiamo le parole del PM Guariniello nei confronti dei dirigenti tedeschi poi condannati.

Ho constatato la capacità a delinquere dimostrata dagli imputati, tutti mossi dalla volontà di risparmiare sulla sicurezza nell’ambito di una multinazionale.

Cosa accadde

[fonte prossimi paragrafi]

La notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 negli stabilimenti di Torino della Thyssenkrupp, un’azienda tedesca che è la più importante d’Europa nel settore dell’acciaio avvenne un grande incendio con una forte esplosione che distrusse la fabbrica. Dopo quattro anni di processo, la Corte di Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore della Thyssen Group Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario, Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento di Torino, Gerald PriegnitzMarco Pucci, responsabili del comitato esecutivo dell’azienda, sono stati  condannati a 13 anni per omicidio e incendio colposi(con colpa cosciente) e omissione delle cautele antifortunistiche. Daniele Moroni, membro del comitato esecutivo dell’azienda è stato condannato a 10 anni e 10 mesi. Tutto per quello che è accaduto la notte del 5-6 dicembre 2007 con l’acqua bollente che prende fuoco.

I colleghi chiamano i vigili del fuoco alle 1 e 15 arrivano le ambulanze del 118, i feriti vengono trasferiti all’ospedale. Nei giorni che seguiranno, dopo la morte del primo operaio Antonio Schiavone, moriranno dal 7 al 30 dicembre 2007 le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente che si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò,  Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti nell’occidente l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi che lavora nella Thyssen da 13 anni ed è un sindacalista della Uilm, il suo ruolo sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda.

I sindacati denunciano immediatamente l’inadeguatezza delle misure di sicurezza nello stabilimento. Le testimonianze di Boccuzzi e  degli altri operai accorsi sul posto dell’incidente parlano di estintori scarichi, telefoni isolati, idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato.

Non solo: alcuni degli operai coinvolti nell’incidente lavoravano ininterrottamente da dodici ore,

avendo accumulato quattro precedenti ore di straordinario. La verità era che lo stabilimento torinese era in via di dismissione e da tempo l’azienda non investiva adeguatamente nelle misure di sicurezza nei corsi di formazione.

La Thyssen nega di avere alcuna responsabilità e mostra dal primo momento di avere un atteggiamento piuttosto  ostile alla magistratura  e all’opinione pubblica italiana scossa dalla gravità dell’incidente. Accusa gli operai morti di avere provocato l’incidente con delle loro distruzioni e addirittura con “colpe”, poi si corregge e con “errori dovuti a circostanze sfavorevoli”. Durante le indagini,

la Guardia di Finanza sequestra ad Harald Hespenhahn,  amministratore delegato un documento riservato in cui si legge che Antonio Boccuzzi “va fermato con azioni legali”.

Il  documento critica pesantemente il pretore pm di Torino Raffaele Guariniello e l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano sul quale-afferma-non si può fare affidamento perchè è schierato dalla parte dei lavoratori.

Il giudizio si conclude con l’accoglimento delle tesi dell’accusa. I dirigenti della Thyssen sono condannati perchè “avrebbero cagionato la morte dei sette operai omettendo di “adottare misure tecniche, organizzative, procedurale ,di prevenzione e protezione contro gli incendi.”

Si va di nuovo a processo nel gennaio 2009 .Durante le udienze emergono altri particolari del funzionamento dello stabilimento. Un operaio racconta che la fabbrica veniva pulita solo in corrispondenza alle visite dell’ASL. Un altro operaio racconta che l’impianto si fermava solo in caso di problemi alla produzione se no si interveniva con la linea in movimento.  Altri testimoni raccontano che

Gli incendi sulla linea 5 erano molto frequenti  ma gli operai venivano invitati a usare il meno possibile il pulsante di allarme.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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