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Le Benevole: una mappa letteraria

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Non è facile scrivere una recensione de Le Benevole di Jonathan Littell. Questa considerazione è l’unica cosa che mi evita di dire che i suoi recensori non l’hanno letto o, almeno, non l’hanno capito. Qui i miei due cents.

di Giuseppe Masala

Si tratta di un romanzo enorme, nella mole e nella storia narrata: il viaggio del protagonista Maximilien Aue – ufficiale delle SS – nel suo inferno personale e in quello della seconda guerra mondiale. Con un finale dove – in una Berlino ridotta ad un cumulo di macerie fumanti – questi due inferni si sovrappongono rendendoli indistinguibili al lettore.

Dal punto di vista delle soluzioni stilistiche ci troviamo di fronte ad una prova straordinaria.

Un pezzo di rara maestria che fa di Littell uno scrittore vero. Romanzo ottocentesco con una cura minuziosa nella ricerca della verità storica per quanto riguarda l’epoca nazista e la seconda guerra mondiale: è spiegato tutto il meccanismo delle mostruose forze storiche che portarono all’avvento del nazismo, allo scoppio della seconda guerra mondiale e all’Olocausto analizzato con la perizia dell’anatomo-patologo.

Romanzo Modernista secondo lo stilema del Manifesto di T.S Eliot

per quanto riguarda la vicenda personale di Maximilien Aue: il flusso di coscienza (nel caso specifico forse sarebbe giusto parlare di flusso di incoscienza), il sesso, il Mythos greco, il simbolo di derivazione psicoanalitica.

Ma anche (nella seconda parte) romanzo Hard Boiled (per Bacco, Jonathan è pur sempre un americano!) rovesciato, dove il protagonista è il personaggio negativo e non il poliziotto e dove invece quest’ultimo svolge in realtà anche il ruolo di Furia Persecutrice del nostro personaggio.

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La storia, come dicevo, è una storia “semplice” sulla quale si sono versati fiumi d’inchiostro: l’ascesa del Nazismo, la seconda guerra mondiale, Stalingrado, i progrom dell’Ucraina occidentale, Babij Yar, l’Olocausto, l’Assedio e la Caduta di Berlino.

Nulla di cui non sappiamo. Tutto è già scritto, tutto è già scandagliato, tutto è già minuziosamente analizzato.

Image result for le benevole littellE allora dove sta il Romanzo considerato che il Romanzo è un congegno complesso con vari livelli di lettura e non il racconto di una semplice storia? Cosa ci vuole dire Jonathan di così importante tanto da imbarcarsi in una faticosissima stesura di ben 945 pagine?

Ci aiuta, nella sua parte di narratore, lo stesso Maximilien Aue – abbietto protagonista – che racconta la sua caduta nell’Abisso. Questa è una storia morale, se avete la pazienza di leggere, dice nell’incipit.

Il Romanzo è disseminato di continui riferimenti letterari, una vera e propria Antologia della Letteratura Universale: dai Classici greci, a Céline, a Brasillach, a Flaubert, a Jünger a Mann. Ed è proprio seguedo questa Sciarada Letteraria che si riesce a scorgere nel profondo la tragica Morale della storia.

Maximilien Aue è macchiato dallo stesso peccato originale dell’Eletto del citatissimo Thomas Mann (vengono citati esplicitamente lo Zauberberg e il Faustus) e come l’Eletto ha due figli gemelli frutto del peccato. Ma l’opera, incompresibilmente considerata minore, di Mann è un’opera di Redenzione, di Caduta e di Rinascita, mentre ne Le Benevole non c’è Rinascita dopo la caduta nell’Abisso.

E questa è la morale di fondo di Jonathan:

per l’uomo non c’è speranza, non c’è redenzione. E per Littell l’abisso del Nazismo ne è la prova schiacciante. Posizione questa che è la stessa di Primo Levi, peraltro omaggiato da Littell con una minuziosa descrizione della Buna:

Se c’è Auschwitz non può esserci Dio

Dunque nessuna speranza per l’Uomo.

La figura di Maximilien Aue inoltre sotto l’aspetto della Redenzione confuta anche il celebre motto di Dostoevskij:

La bellezza salverà il mondo

Colto, raffinato, intelligente e contemporaneamente spietato assassino in ogni possibile sfumatura del delitto. No, per Jonathan il mondo è irrimediabilmente perso e senza speranza.

Un gran romanzo. Che se ne condividano o meno le conclusioni filosofiche e morali.

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