Forse a qualcuno sembrerà una banalità, ma di fronte alle macroscopiche differenze nella gestione pandemica fra i vari paesi del mondo una riflessione viene abbastanza spontanea.
di Antonio Di Siena
Se disposizioni come lockdown, mascherine, età minima per la vaccinazione, obbligo vaccinale, greenpass, sono adottate in misura difforme – maggiore, minore o addirittura nulla – a seconda del contesto nazionale di riferimento questo può significare soltanto due cose.
O le leggi scientifiche italiane sono sostanzialmente diverse rispetto a quelle inglesi, tedesche, svedesi o giapponesi. Oppure il tenore di quelle stesse decisioni, pur avendo una base di scientificità, è motivato da convincimenti e interessi principalmente politico-ideologici. Non c’è una terza possibilità.

Lasciandolo così sostanzialmente libero di imporre un modello che, fra decretazioni d’urgenza, commissari straordinari, delegittimazione del Parlamento, lasciapassare obbligatori e azzeramento del dibattito pubblico, ha di fatto sospeso a tempo indeterminato la democrazia in nome della scienza.
Ecco, se fossimo un Paese “sano” e con sufficienti anticorpi democratici questo modus operandi simile a un raggiro (per non dire abuso della credulità popolare o circonvenzione d’incapace) sarebbe un tema importante su cui riflettere e discutere.