Il Jobs Act non ha affatto giovato né all’Italia né ai lavoratori, i quali sono stati ulteriormente precarizzati. Eppure, la classe politica italiana continua a mentire a riguardo.
Autore: Gilberto Trombetta
«Con il #JobsAct aumentano le assunzioni e calano i licenziamenti. Finalmente lo riconoscono tutti. Altro che sussidi e articolo 18: favoriamo le assunzioni, specie dei giovani, specie al Sud»: così si è recentemente espresso il suo fautore, Matteo Renzi, in un cinguettio su Twitter.

La peggior classe politica mai avuta, che mente sapendo di mentire. Ne è orgogliosa, quasi.
Grazie al Jobs Act, hanno trasformato in precari anche i lavoratori a tempo indeterminato, sottoposti ormai a ricatto continuo. Grazie al Jobs Act sono aumentati i part time involontari (1 milione in più rispetto al 2018) e i contratti a tempo determinato, +760.000 rispetto al 2008.


Di contro, grazie al Jobs Act, gli occupati a tempo pieno sono calati di 876.000 unità. Le ore lavorate sono 2 miliardi in meno rispetto al periodo pre-crisi. I giovani sono i più penalizzati, soprattutto al Sud. Dove infatti sono concentrati il maggior numero di italiani in povertà, sia assoluta che relativa.


L’eliminazione della scala mobile nel 1992 (anno della firma del trattato di Maasticht), il pacchetto Treu (1997, lo stesso dell’inizio del percorso che porterà all’euro), il Jobs Act.
Sono decenni che tagliano i diritti dei cittadini conquistati dai nonni e dai padri con decenni di lotte. Non è semplicemente più tollerabile farsi prendere per i fondelli da coloro che, sulle spalle di questi stessi cittadini ingannati, continuano ad arricchirsi.
Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni
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