Un anno fa molti detrattori del capitalismo videro nella crisi pandemica una speranza: l’opportunità di un cambio di paradigma. Purtroppo, 12 mesi dopo, duole constatare che il risultato raggiunto è diametralmente opposto.
di Paolo Desogus
È ormai un anno che viviamo in una situazione di semi reclusione. Non vediamo più i parenti, gli amici, non ci è concesso di fare nemmeno una passeggiata senza l’odiosa mascherina.
Come se non bastasse la campagna vaccinale va a rilento, nonostante i tanti proclami che sentiamo praticamente ogni giorno sui mirabolanti nuovi piani di vaccinazione. Cerchiamo dunque di tirare avanti, sforzandoci di non perdere la ragionevolezza e di avere piena coscienza della necessità delle misure di contenimento della pandemia, per quanto opprimenti e nonostante gli enormi danni economici da esse provocati.
Basti solo qui ricordare che in questo anno in cui si è consumata la più grave crisi mondiale dalla seconda guerra mondiale, con il più alto numero di morti registrati all’anno, la più bassa natalità (tanto che ad esempio l’Italia ha perso una popolazione pari alla città di Firenze) nessuno è riuscito a togliere i brevetti alle multinazionali del farmaco e avviare una produzione massiccia di vaccini per tutto il mondo.
Questa proposta non è stata mai discussa. Nessuno è riuscito a farla inserire nelle agende internazionali. Nemmeno, l’UE che ha ampiamente finanziato le industrie del farmaco, ha tentato di seguire questa strada e questo nonostante i contratti firmati siano stati ampiamente disattesi con conseguenze incredibili.