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Struttura e criticità del Recovery Fund oltre la propaganda

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Organi politici e mediatici ostentano manifestazioni di giubilo per l’attuazione del Recovery Fund, parlando stabilmente di “172 miliardi per l’Italia”. Una sintesi spicciola e strumentale, necessaria a spacciare per carità un accordo (non ancora raggiunto) colmo di clausole sanguinose.

di Gilberto Trombetta

Stando alle notizie di oggi, il Recovery Fund dovrebbe essere di 750 miliardi di euro: 500 di stanziamenti e 250 di prestiti. Come verranno raccolti quei 500 miliardi di stanziamenti? Tramite i contributi pro quota di partecipazione al bilancio europeo dei Paesi membri.

Vuol dire che l’Italia dovrebbe mettere di tasca sua sui 60 miliardi. Per ricevere, forse, 82 miliardi, cioè 22 miliardi netti. Questo sempre che non vadano coperti coi contributi statali tutti i 750 miliardi del fondo. Cosa che farebbe arrivare il contributo italiano a 90 miliardi di euro circa.

Dicevamo 22 miliardi netti. Da spendere in 3 anni e da utilizzare, ovviamente, come direbbe la UE. 22 miliardi in 3 anni sono circa 7,3 miliardi l’anno. Cioè lo 0,3% del PIL. Come se non bastasse, la Commissione ha proposto una serie di nuove tasse e imposte europee per ripagare il debito nei prossimi anni. A tutto questo scempio, classica ciliegina sulla torta, bisognerebbe aggiungere le riforme imposte dalla UE.

Quali sono le riforme che chiede, da sempre, la UE? Solo negli ultimi anni, agli Stati membri, ha chiesto: 105 volte di ridurre le pensioni e aumentare l’età pensionabile; 63 volte di tagliare il sistema sanitario pubblico e a privatizzarlo; 50 volte di ridurre i salari; 45 volte di tagliare le protezioni sociali per disoccupati e disabili; 38 volte di ridurre le tutele dei lavoratori.

I politici e la stampa che in Italia esultano per questo accordo o sono ignoranti o sono in malafede. Non esiste una terza opzione.

 

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