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Taglio dei parlamentari? Un inganno per uccidere la democrazia

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Domenica 29 marzo si voterà per il Referendum Costituzionale sulla riduzione del numero dei Parlamentari.

di Andrea Zhok

Secondo gli ultimi sondaggi si tratterà di un plebiscito, dove gli italiani in una percentuale oscillante tra l’85 e il 90% approveranno il taglio.

Non per la prima volta, e probabilmente non per l’ultima, il popolo verrà chiamato a decidere sul proprio potere. E deciderà di ridurlo; complimentandosi con sé stesso per la propria risolutezza. <<Finalmente gliela faremo vedere a quegli energumeni in Parlamento!>>

Non c’è in effetti nessuna incoerenza, in un paese che continua, dopo tutto, ad aspettarsi dalle mance di Bruxelles la propria redenzione, e che è campione del mondo di autorazzismo.

Il taglio dei parlamentari

è solo uno dei numerosi processi di destrutturazione e infragilimento della dimensione politica che hanno avuto luogo in questo paese negli ultimi trent’anni. Il meccanismo peraltro è ben rodato, a partire dagli scandali di Mani Pulite.

Ad un fallimento della politica si risponde con una richiesta di riduzione dell’operatività della politica. Così, al giro successivo, si può constatare come la politica sia sempre più inefficace e superflua, e chiederne un’ulteriore riduzione di ruolo.

Curiosamente, tutto ciò viene fatto nel nome del popolo, della gente, della ‘società civile’, e contro la “casta”.

Naturalmente questo processo si limita a sostituire una casta pubblica (di principio sorvegliabile e sostituibile) con una casta privata, inaccessibile al controllo e insostituibile.
La cecità di fronte a questo dato elementare è imbarazzante.

I padri costituenti,

nel 1948, avevano parametrato il numero dei parlamentari alla popolazione (1 deputato ogni 80.000 abitanti; 1 senatore ogni 200.000).

La revisione costituzionale del 1963 ha fissato il numero totale a 945 (345 senatori, 600 deputati), corrispondenti oggi a 1 deputato ogni 96.006 abitanti e un senatore elettivo ogni 188.424).
Siamo dunque un po’ al di sotto della previsione del 1948 per i deputati ed un po’ sopra per i senatori, ma nell’insieme vicini a quel modello.

Dopo la riforma spariranno 115 senatori e 230 deputati, portando il numero dei parlamentari da 945 a 600.

Lo scambio è il seguente.

Si risparmierà sul bilancio statale

la somma di 57 milioni di euro annui (lo 0,007% della spesa pubblica italiana). A titolo di curiosità, il solo costo del referendum supera i 300 milioni di euro, circa sei volte la somma annualmente risparmiata. Questa pagliacciata inciderà naturalmente sui rapporti di rappresentanza.

Per eleggere un deputato non ci vorranno più 96.006 elettori, ma 151.210.

Per eleggere un senatore non ci vorranno più 188.424 elettori, bensì 302.420.

Dunque, riuscire ad avere una voce in parlamento richiederà più risorse economiche e maggiore visibilità mediatica, rendendo ancora meno indipendenti i ‘rappresentanti del popolo’. E tutto ciò viene fatto passare per un trionfo della democrazia.

Proprio come

“La guerra è pace”

“La libertà è schiavitù”

“L’ignoranza è forza” (George Orwell)

 

 

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