Home / Affari di Palazzo / Politica interna / Il “martire” Corona, segno di un sistema marcio

Il “martire” Corona, segno di un sistema marcio

Condividi quest'articolo su -->

Assistiamo oggi all’aumento di pena per Fabrizio Corona, delinquente elevato al rango di martire della giustizia.

Il giudice del Tribunale di Lanciano, Francesco Marino, su richiesta del procuratore Francesco Menditto, ha definito nuove applicazioni della pena, con la disciplina della continuità, per i reati di falso e corruzione dopo il riconoscimento della Corte d’Appello di Lisbona, in Portogallo, dove Corona fu arrestato, che è competente per l’estradizione.

Con la nuova applicazione, Fabrizio Corona dovrà scontare non più 7 anni e 3 mesi di reclusione bensì 8 anni, 8 mesi e 17 giorni di reclusione eseguibili.


E’ successo quello che non doveva succedere: il caso Corona fa del fotografo truffatore un caso eclatante: i giudizi dei magistrati solerti ad infliggergli le pene che si merita, fanno del delinquente un martire. La responsabilità di tale situazione? Degli altri magistrati, della maggioranza dei giudici buonisti d’accatto e di professione, di quei furboni che applicano la buona condotta in mera assenza di cattiva condotta, dell’ordinamento carcerario, di quello penitenziario, di quello penale. Le carceri sono strapiene e gestite da schifo? Le pene vengono commutate a simpatia? La responsabilità dei magistrati è semi-inesistente?

Come possiamo pretendere di considerare Corona come un modello? Il vizio intrinseco dell’italiano di plaudere a comportamenti scapestrati di personaggi dall’ignoranza crassa come il Fabrizio nazionale è deprimente, ma ancora di più lo è l’elevare a martire un individuo che si è macchiato di reati come truffe, estorsioni, diffamazioni a mezzo stampa, aggressioni a pubblico ufficiale, detenzione d’arma, violazione di misure cautelari, evasione fiscale, violazione di domicilio, bancarotta fraudolenta, detenzione e spaccio di banconote false, infrazioni al codice della strada, fuga all’estero. Reiterando, anche a più riprese, alcune tra codeste amenità.

Grazie politici e grazie magistrati: i primi per non avere avuto il coraggio di rivoluzionare (non riformare) la giustizia (negata) di questo paese. Si pensi al ministro della giustizia, non laureato in giurisprudenza, non laureato in scienze politiche, non laureato proprio per niente. I secondi (le toghe) si ringrazino per il loro piegarsi ad uno stolto buonismo che sottrae il senso di giustizia alla normativa (spesso non troppo chiara) passando tra le maglie della legge con le interpretazioni più assurde.

Condividi quest'articolo su -->

Di Redazione Elzeviro.eu

--> Redazione

Cerca ancora

La furia cieca e lo stridor di denti della sinistra sconfitta

Dopo il successo clamoroso di “Fratelli d’Italia” si scatena nel paese la furia scomposta di …