Il Vicepremier Luigi Di Maio è volato in Cina per un importante forum economico, ma è scivolato sull’ennesima gaffe.
“Volevo ringraziare il Presidente Ping”,
così Di Maio per ben due volte ha toppato la corretta dicitura del nome del Presidente della Repubblica Popolare cinese, seconda, o forse già prima, potenza economica al mondo.
La sfilza di gaffes di Di Maio e dei suoi predecessori
Un errore marchiano che si va ad accumulare ad una lista già piena di correzioni da matita blu. Come la teoria scientifica che vedrebbe l’uomo composto all’80% d’acqua oppure la strana visione geografica di una Russia come potenza mediterranea. Errori che, oltre a far venire più di un dubbio sulle reali conoscenze del vicepremier, gettano un’ombra sulla persona che dovrebbe curarne la comunicazione. Se Di Maio legge per ben due volte “Ping”, invece di Xi Jinping (cognome e nome del Presidente cinese), significa che l’ignoranza attanaglia non solo il politico campano, ma anche il redattore dei suoi discorsi.
C’è anche da dire che l’Italia è purtroppo avvezza a simili errori grossolani in sedi istituzionali. Come non dimenticare il “Romolo e Remolo” del Cavaliere e il neologismo “Shish” coniato dall’ex premier, ora all’opposizione, Matteo Renzi. Niente di nuovo sotto il Sole.
La stampa mainstream ha ovviamente ringraziato Di Maio per il classico assist a porta vuota e ha potuto così sfornare editoriali già preconfezionati sulla decadenza dell’attuale esecutivo. Tale gogna mediatica, pur partendo da presupposti legittimi, si smaschera però facilmente in semplice partigianeria politica, soprattutto se tutto il mainstream si concentra sulla gaffe tralasciando completamente la descrizione dei motivi del viaggio di Di Maio in Cina oltre che i contenuti del suo discorso.
Intelligenza artificiale e big data, c’è di più oltre a Ping
C’è molto di più oltre all’amico Ping nel discorso fatto da Di Maio al China International Import Expo, un’importante fiera internazionale voluta fortemente dal Partito Comunista cinese per aumentare il volume degli scambi con Pechino, sia in termini di esportazioni che di importazioni. Alla fiera erano inoltre presenti personalità di spicco dell’economia digitale, come Bill Gates, fondatore di Microsoft, e Jack Ma, numero uno di Alibaba, l’equivalente cinese (anche in termini di fatturato) dell’americana Amazon. Davanti a queste personalità Luigi Di Maio ha infatti spiegato l’approccio italiano rispetto alle nuove tecnologie, un aspetto che finora non ha trovato malauguratamente spazio nei media nostrani. Intelligenza artificiale, big data e blockchain. Questi alcuni dei temi trattati a grandi linee dal vicepremier italiano, nonché presenti nella stessa manovra economica in fase di revisione.
Oltre al buon uso comunicativo dei social media, l’attuale Governo italiano dimostra così di essere sul pezzo anche per quel che riguarda queste nuove tecnologie. Intelligenza artificiale e big data sono, secondo Di Maio, una grande opportunità per una migliore gestione ed efficienza di alcuni settori, tra cui quello sanitario. I milioni di dati che si potranno raccogliere, anche grazie alla nuova generazione 5G, serviranno per fare “le più accurate diagnosi mediche mai fatte”. La blockchain rappresenta invece, per il Governo italiano, uno strumento digitale che diventerà imprescindibile nei prossimi anni.
Blockchain per aiutare il made in Italy
A detta del vicepremier l’Italia starebbe studiando un modo per applicare la blockchain al made in Italy: si vuole infatti usare questo infinito registro digitale per garantire la vera autenticità dei prodotti fatti in Italia. Di Maio ha poi ben sottolineato anche i rischi legati alla trasformazione digitale cui il mondo si sta affacciando. Su tutti spicca il mondo del lavoro, minacciato dall’incombere dell’intelligenza artificiale.
Il vicepremier ha così sottolineato come il reddito di cittadinanza diventi uno strumento utile in vista della ri-formazione dei lavoratori, affinché questi possano accedere alle competenze del mercato digitale. Questo discorso, al netto delle gaffes, dimostra come l’attuale esecutivo abbia almeno la cognizione di cosa succederà nei prossimi vent’anni. Quello che invece rimane in dubbio, sono i mezzi con cui tutto ciò potrà essere fatto.
La necessità di avere uno Stato con la piena autonomia di spesa
Come sottolineato dallo stesso vicepremier, per superare con successo la futura trasformazione digitale occorrerà uno Stato in grado di recitare il ruolo di attore principale per coordinare il cambiamento. Questo concetto, tradotto, significa avere uno Stato con la piena libertà di spesa, anche a deficit. La Cina, per esempio, per varare il suo programma di intelligenza artificiale ha previsto un investimento di 147,7 miliardi di euro da qua fino al 2030.
Una somma che mette in imbarazzo il nostro esecutivo, costretto a rendere conto all’Europa anche di numeri ad una sola cifra per mettere in sicurezza le proprie strade. Ci auguriamo dunque che la missione in Cina faccia ben riflettere Di Maio, sia sul corretto nome del Presidente cinese, ma soprattutto sulla necessità di scardinare una volta per tutte il sistema economico nato a Maastricht che impedisce ad uno Stato di avere una visione che vada oltre il quarto d’ora.