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“A Londra ridono di Borghi”, l’ultima sciocchezza di Alan Friedman

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Esistono giornalisti che, come lo statunitense Alan Friedman, godono inspiegabilmente di buona fama e reputazione, nonostante l’evidente modestia analitica, accompagnata dall’espressione di giudizi tranchant il più delle volte antitetici alla realtà.

Abbiamo già affrontato il caso del compianto Vittorio Zucconi, considerato in maniera eccessivamente generosa un “grande giornalista”, al netto delle ripetute fake news divulgate ai quattro venti con il poco nobile intento di portare acqua al mulino delle proprie idee.

Ora è il momento di affrontare il caso Alan Friedman

Il suo simpatico faccione appare infatti piuttosto spesso all’interno di animati dibattiti televisivi, scandendone il ritmo con un accento che ricorda esageratamente quello dell’attore Oliver Hardy. Della signorilità del defunto attore americano però nemmeno l’ombra, come nell’occasione in cui Friedman ebbe la faccia tosta di dare dell’ “ignorante” al prof. Giulio Sapelli, uno degli accademici italiani tra i più conosciuti ed apprezzati all’estero. Per l’occasione Sapelli se lo mangiò vivo.

Oltre a questa buona dose di cafonaggine, quello che non spiega l’aurea di attendibilità e rispetto che circonda Friedman sono le sue analisi sconclusionate e spesso smentite puntualmente dalla realtà dei fatti. Nonostante diversi anni di attività giornalistica in Italia, nonostante la possibilità di toccare con mano la situazione socioeconomica del Paese, nonostante la concreta opportunità di poter confrontarsi con le persone, Friedman riesce ogni volta a ridurre la complessità politica italiana al pericolo del ritorno dell’ “estrema destra”.

Estremismo

di cui si sarebbero fatti interpreti, secondo Friedman, partiti come la Lega e Fratelli d’Italia. Invero, l’anno di Governo della Lega e la, poca, spinta estremista e rivoluzionaria che ne ha guidato l’azione dimostrano ancora una volta l’inadeguatezza dell’analisi di Friedman. Classificare come di estrema destra tali partiti, equivarrebbe ad etichettare Tsipras come rappresentante dell’estrema sinistra. Tutti, giustamente, ne riderebbero.

L’ultima sparata di Friedman è però troppo grossa per passare inosservata. Troppo grossa per non lasciare un segno di vergogna riconoscibile e indelebile sul suo patentino da pubblicista.

“A Londra e in giro per Francoforte e Parigi ridono quando sentono Borghi parlare”.

Così ha sentenziato l’oracolo Friedman

Farage, primo partito in UK, sorride insieme a Salvini

Tale affermazione sconcerta non solo perché Londra se ne infischia dei discorsi di Borghi in quanto l’euro non lo ha mai adottato nella sua storia (fortuna sua), ma soprattutto perché in Gran Bretagna ha trionfato alle recenti elezioni europee il più convinto partito anti Unione europea della storia. Un partito che ha come unica ragione e scopo di vita l’uscita da Bruxelles e che è pronto a portare a termine tale mandato. Inutile ricordare poi come anche in Francia abbia trionfato un partito apertamente euroscettico, mentre in Germania da tempo non contabilizzano parte del debito pubblico grazie all’utilizzo di una banca di esclusiva proprietà statale. Un escamotage contabile che dovrebbe allarmare ben più dei minibot di Claudio Borghi.

Sembra quindi che a Londra, Parigi e Francoforte accolgano più che con favore le idee di Borghi. Insomma Friedman, oltre alla parlata, ha ereditato la goffaggine, non fisica ma analitica, del compianto Oliver Hardy.

Ora, prendendo a prestito la retorica anti italiana propria di Friedman, ci chiediamo in quale razza di Paese potrebbe mai godere di buona fama un giornalista che insulta sistematicamente il suo interlocutore, conferisce giudizi netti e riduttivi su vicende complesse e parteggia apertamente contro una parte politica, arrivando, per questo, a travisare la realtà? Purtroppo questa è l’Italia, bellezza.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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