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oggi ricordiamo Percy Bysshe Shelley poeta romantico.
Percy Shelley morì preso da una tempesta. La sua barca, l’ “Ariel”, venne travolta dalle onde. Il suo corpo vagò dieci giorni nel mare davanti a Lerici, per poi essere cremato su una pira funeraria. Assistette anche Lord George Byron, l’altro grande poeta romantico, insieme a John Keats, della seconda generazione.
Personaggio innamorato della libertà, come quella del vento, a cui dedica un’ode Ode to the west wind.
Vegetariano, si battè contro l’industrializzazione della prima Rivoluzione industriale e le trasformazioni a cui stava portando il paesaggio, celebrando la Natura e la vita comunitaria.
Innamorato, come molti romantici, della presunta spontaneità dei Greci e dei Romani, visitò con la moglie Mary l’Italia amandola:
«Il Vesuvio, dopo i ghiacciai, è la più impressionante esibizione delle energie della natura che ho mai visto».
Scrisse:
«I poeti sono i legislatori misconosciuti del mondo»
perché credeva che grazie alla musicalità della poesia si potesse entrare in contatto con l’unico dio in cui credeva: la Natura. Dunque tutt’altro rispetto all’illuminismo e alla sua fede nelle Ragione: per Shelley e per i romantici è l’emozione che permette di addentrarsi nei segreti della Natura, scoprendone l’interna meraviglia.
Quel che fa amare Shelley è la sicurezza che la volontà dell’individuo possa superare ogni avverisità come racconta nel Prometheus Unbound, nonché la gioia con cui descriva semplici fenomeni della natura o animali e porta il lettore ad immaginarsi il poeta intento a contemplare con gli occhi di un bambino il mondo.
«If Winter comes, can Spring be far behind? (Se l?Inverno viene, può la Primavera essere molto lontana?)»
Luca V. Calcagno
