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Haftar e Serraj: disputa finita (per ora) grazie alla Turchia

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Dopo più di un anno di scontri, grazie al fondamentale sostegno della Turchia, la mattina del 5 giugno scorso il governo di Sarraj ha annunciato la conquista della città di Tarhuna.

È una svolta importante a oltre 14 mesi dall’inizio dell’offensiva militare lanciata dalle forze di Haftar. Il generale sostenuto dalla Russia, che ora rischia la rivolta in Cirenaica, è stato sconfitto grazie a droni, armi e mercenari siriani.

Haftar il 4 aprile 2019 da Bengasi, con una svolta improvvisa quanto inaspettata, tradiva gli impegni con l’Onu al dialogo politico, imponeva la logica delle armi e annunciava che avrebbe conquistato la capitale «in pochi giorni». Ma quei giorni si sono dilatati in settimane, quindi in mesi, con danni ingenti e centinaia di vittime (i dati precisi sono ancora sconosciuti) assieme al progressivo impegno di Egitto, Russia ed Emirati a fianco di Haftar e invece di Turchia e Qatar in aiuto a Sarraj.

Oggi Haftar, 76enne militare di carriera

meglio noto come uomo forte della Cirenaica, subisce un gravissimo tracollo sia militare che politico. Ancora nel dicembre 2019 pareva posizionato per sferrare la spallata finale. Le sue truppe, coadiuvate in particolare dai mercenari russi della compagnia Wagner, avevano quasi completamente circondato Tripoli. Gli Emirati stavano fornendo milioni di dollari e dall’Egitto giungeva un flusso continuo di armi e munizioni.

La svolta grazie a Erdogan

Ma da metà novembre il presidente turco Erdogan aveva scelto di impegnarsi seriamente al fianco di Sarraj. I suoi droni e i razzi antiaerei sono stati via via in grado di paralizzare la superiorità aerea di Haftar. I miliziani siriani assoldati e addestrati dallo stato maggiore turco e inviati a Tripoli e Misurata hanno fatto il resto. Già in marzo le milizie di Sarraj erano state in grado di riprendere il controllo della strada costiera verso la Tunisia. Da ieri sera finalmente la capitale festeggia la fine dell’assedio.

Alle origini di questi sviluppi appaiono fondamentali gli accordi tra Erdogan e Putin. Un lungo lavoro di contatti tra Ankara e Mosca che ha radici nelle intese sulla Siria nel settembre-ottobre scorso, ma si è concretizzato nelle telefonate dirette tra i due presidenti negli ultimi giorni.

Al momento dunque Mosca garantisce l’ordine in Cirenaica, mentre la Turchia trionfa in Tripolitania. Non è dunque un mistero che il paese di Erdogan abbia avuto un ruolo fondamentale nella vittoria del governo sostenuto anche dalle Nazioni Unite. Ankara si presta dunque ad avere un’influenza primaria nei futuri svolgimenti geopolitici della regione, come suggerisce persino L’ European Council of Foreign Relations con un forte titolo: “La Libia ora è della Turchia”.

Serraj con Erdogan

La solita Europa

Grande assente, nemmeno a dirlo, resta invece l’Europa. Lei e la sua politica attendista, nonostante il tutto abbia avuto luogo sotto i nostri occhi. Anche l’avvio della nuova missione navale europea a guida italiana Irini, solleva dubbi e perplessità specialmente a Tripoli. Ufficialmente il suo fine è fare rispettare l’embargo delle Nazioni Unite sull’invio di armi nel Paese. Ma Sarraj ribadisce ad ogni occasione che non sono chiare le modalità di intervento contro Haftar. Questi infatti riceve aiuti militari soprattutto via terra dall’Egitto e per via aerea.

Come suggerisce Alberto Negri in questo dettagliato articolo del Manifesto, per l’Italia la vittoria della fazione di Sarraj non è il peggiore degli scenari. con Haftar i nostri interessi energetici forse sarebbero stati meno tutelati. Tuttavia, grazie al ruolo fondamentale giocato dalla Turchia, Erdogan ha già cominciato a presentare il “conto” della sua vittoria. In base all’accordo con la Libia ha istituito una «zona economica esclusiva» che si estende dalla coste della Turchia a quelle della Libia e ora avanza la richiesta di sfruttare le risorse di gas offshore di Grecia e Cipro dove hanno forti interessi l’Eni, la Total e le compagnie americane.

 

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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