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La Trump-Macron-Putin Theory: verso un mondo multipolare

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A fine agosto, in occasione del G7 di Biarritz, a seguito del lungo colloquio tra Macron e Trump, era stata avanzata l’ipotesi di un patto tra i due.

Autore: Pierluigi Fagan

Un patto per il quale Macron avrebbe cercato si risolvere il contenzioso russo-ucraino, con successiva normalizzazione dei rapporti tra UE e Russia (quindi uscire dallo stato sanzionatorio), onde permettere a Trump di invitare Putin al successivo vertice in Florida nel 2020, cosa che peraltro Trump aveva annunciato possibile.

L’incontro del G7 a Biarritz, in Francia

Su questa supposta operazione di diplomazia inclusiva si sommano una serie di interessi: alcuni a favore, altri contro. Trump cerca di perseguire il dialogo con Mosca dalla sua elezione, ma è stato a lungo tenuto sotto scacco dal Russiagate, poi terminato in un nulla di fatto. Ora è sotto procedura di impeachment, però questo non pregiudica la sua operatività in politica estera. Il fine è noto a chiunque sappia due cose di geopolitica. Ostracizzando al contempo Russia e Cina, gli USA si creano un nemico bicefalo che compensa mancanze con punti di forza.

Potenza militare la Russia ma non economica, potenza economica ma non militare la Cina, un vero capolavoro di stupidità strategica. Il fatto è che buona parte del Deep State americano non ha nulla di specifico contro la Cina, mentre confinare la Russia nel corner dei nemici assoluti ha grande utilità soprattutto per alimentare la macchina militar-industriale, NATO annessa.

Di contro, per Trump ed il suo gruppo di potere, le posizioni sono esattamente inverse.

La Russia potrebbe su base gas-petrolifera addirittura esser un partner come lo è stato per lungo tempo prima dell’affaire ucraino (si pensi anche a gli sviluppi siberiano-polari che avevano portato alla nomina a Segretario di Stato dell’ex CEO di Exoxn-Mobil, Rex Tillerson, grande amico dei russi), il nemico strutturale e prospettico è obiettivamente la Cina, in quanto la partita dei poteri mondiali è certo economico-finanziaria e non certo militare. Spingere i primi ad unirsi ai secondi è esattamente il contrario di ciò che fece a suo tempo Kissinger all’epoca di Mao e Nixon, quando Cina ed URSS erano oltretutto allineate ideologicamente.

Putin certo è consapevole delle trappole insite in questo disegno, e certo non ha nessuna intenzione di ri-orientarsi strategicamente dal formato “strana coppia” (RUS-CHI), come la chiama Limes, ad un improbabile nuova amicizia con gli infidi occidentali. Però, realisticamente, ottenere una qualche possibilità di “bilanciamento” avrebbe un suo appeal. Questo aumenterebbe il potere negoziale russo ed aiuterebbe la Russia ad aprirsi ventagli di possibilità sul prezzo a cui vendere i suoi patrimoni energetici fossili e potersi comprare tecnologia per far fare qualche salto alla sua industria.

La “strana coppia” di Russia e Cina vista dalla rivista italiana di geopolitica Limes

Macron ne otterrebbe molti vantaggi.

Il prestigio del ruolo di Ministro degli Esteri nella diarchia di Aquisgrana in cui Merkel è il Ministro del Tesoro, la possibilità del ruolo di intermediario primo con ricadute di affari con i russi a seguire, la diminuzione del peso geopolitico dell’Europa dell’Est contro Europa dell’Ovest, un credito nei confronti di Trump ma anche di Putin, la titolarità per portare avanti la sua idea di parziale sganciamento dell’Europa dalla NATO che è la precondizione per i progetti di costituzione di una potenza militare europea che è l’unica carta che le permetterebbe di sedersi al tavolo della nuova fase di geopolitica multipolare.

Merkel di fatto è già da tempo – nonostante le roboanti dichiarazioni pubbliche contrarie – di fatto partner commerciale coi russi, si pensi al raddoppio del North Stream 2. Peraltro, larga parte della confindustria tedesca e della politica bavarese sarebbe entusiasta di una normalizzazione. Pubblicamente però non si espone per salvaguardare equilibri interni contrari, e soprattutto per non creare tensioni con quell’Europa dell’Est che è il suo bacino egemonico naturale. Lascia fare a Macron con l’aria di chi deve pur permettere al junior partner di avere il suo protagonismo.

Zelensky ha ricevuto poteri largamente maggioritari in Ucraina, anche se le minoranze nazionaliste sono agguerrite e poco disposte al disgelo.

Nei fatti, il gruppo di potere attorno a Zelensky bada a gli interessi ucraini e l’Ucraina dopo esser stata sedotta dall’amministrazione Obama che ha pilotato il colpo di Stato travestito da insurrezione popolare, è stata nei fatti abbandonata. La situazione economica e sociale in Ucraina è pessima ed è su questo scontento palese che Zelensky sta costruendo la sua fortuna politica. La relazione a due vie tra Ucraina e Russia è di logica geo-storica, si può far davvero poco per trovare una logica sostitutiva e certo non senza il favore di Trump, Macron e Merkel che nei fatti vanno in direzione opposta.

Contro questo movimento si segnano: l’Europa dell’Est in perenne paranoia anti-russa, i britannici al solito inorriditi dalle pretese geopolitiche degli euro-continentali, vieppiù se saldate in relazioni coi russi (l’incubo Heartland di Mackinder), la NATO che dal felice esito di questo movimento vedrebbe fortemente ridimensionati i suoi interessi (con un bel po’ di generali e funzionari disoccupati, nonché parte del complesso industriale americano connesso in crisi), buona parte del Deep State americano, i democratici americani, i loro alleati liberali europei.

Ecco allora che si fa fatica a trovare in questi giorni notizie sul felice esito della riunione “formato Normandia” (Macron, Merkel, Putin, Zelensky) di Parigi, sia sulla stampa nazionale che internazionale.

L’incontro fra Putin e Zelensky a Parigi, da Macron

Molto meglio la notizia del ban alle Olimpiadi e forse Mondiali di Calcio, per presunto doping russo. Una spessa cortina di silenzio intorno alla notizia che quando data, è data con sospetto corredato da sfiducia e dubbi.

Nei fatti però, dopo Biarritz, Macron è andato in Ucraina e si è sentito spesso con Putin, Zelensky si è telefonato con Putin quattro volte, hanno cominciato e sono a buon punto nello scambio dei prigionieri reciproci, hanno annunciato una sospensione delle ostilità in Donbass sebbene non sempre rispettata da chi ha evidentemente interessi contrari (nazionalisti ucraini e del Donbass), ieri si sono stretti la mano e si sono parlati a quattr’occhi, fissando un successivo piano di diplomazia attiva a scadenza marzo 2020. Difficile chiudere in tempo e con venti contrari il processo per firmare una pace ad aprile e revocare le sanzioni a maggio per il G8 americano che è a giugno, con le elezioni americane a novembre. Però sembra che più d’uno abbia voglia di provarci.

Certo va notato che il tema “pace e diplomazia” non riscuote grande successo d’attenzione presso le opinioni pubbliche occidentali, il che denota una forte contraddizione adattiva a quello che volenti o nolenti sarà lo statuto multipolare del nuovo equilibrio mondiale. Del resto, meglio spingere senza tregua ad odiare qualcuno e poi inveire contro l’odio dilagante, no?

Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni

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Di Lorenzo Franzoni

Nato nel 1994 a Castiglione delle Stiviere, mantovano di origine e trentino di adozione, si è laureato dapprima in Filosofia e poi in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Trento. Nella sua tesi ha trattato dei rapporti italo-libici e delle azioni internazionali di Gheddafi durante il primo decennio al potere del Rais di Sirte, visti e narrati dai quotidiani italiani. La passione per il giornalismo si è fortificata in questo contesto: ha un'inclinazione per le tematiche di politica interna ed estera, per le questioni culturali in generale e per la macroeconomia. Oltre che con Elzeviro.eu, collabora con il progetto editoriale Oltre la Linea dal 2018 e con InsideOver - progetto de il Giornale - dal 2019.

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