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Putin, il nemico perfetto per un Occidente imbelle

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Cosa c’è di meglio di Vladimir Putin per una narrativa capace di alimentarsi solo con elementi rassicuranti, dai tratti fiabeschi? La realtà è un affaire complesso, multidisciplinare e mai scontato. Insomma un qualcosa che va studiato, analizzato, approfondito e poi forse, ma solo alla fine, giudicato.

La Russia è il nemico di cui l’Occidente ha bisogno

Una faccenda troppo complessa per menti pigre che malvolentieri si approcciano ad approfondimenti e accettano così le più banali riduzioni della realtà. Questo è il carattere di larga parte dell’opinione pubblica occidentale. Sopra di essa vi è la classe politica pronta sfruttare questa indolenza cognitiva. Così in un momento in cui il modello di vita occidentale liberale è ai minimi storici, vittima di crisi economiche, politiche e di valori, non c’è nulla di più facile che contrapporvi un nemico in termini assoluti. Voilà l’affaire Putin. Perché l’unica ricetta per salvare l’ormai insalvabile modello occidentale è contrapporvi un modello antitetico brutale, illiberale e aggressivo.

Una sorta di salvacondotto per far vedere ai cittadini dell’emisfero occidentale come al netto di crisi occupazionali cicliche, corruzione politica endemica e annullamento della sovranità, in fondo il sistema democratico liberale è “il meno peggio” presente sulla terra. Non è dunque un caso che l’improvvisa stretta diplomatica verso Mosca partita da Londra e supportata senza dubbi da Washington, Parigi, Berlino e Roma, arrivi a ridosso di eventi geopolitici che possono essere interpretati come sonore sconfitte dell’asse atlantico.

La crisi globale del sistema democratico liberale

In primis c’è il Medio Oriente. L’esercito regolare siriano è in procinto di terminare un’altra decisiva operazione militare nella Ghouta orientale. Una sconfitta per il mondo occidentale che in sette anni di guerra siriana ha investito in armi (quelle che via Turchia e Arabia Saudita andavano a supportare i jihadisti anti Assad) e propaganda sfacciata in favore dei più feroci guerriglieri salafiti e wahabiti, travestiti per l’occasione da “ribelli moderati”. Poi ci sono le elezioni. Questa stramba abitudine che vede il cittadino qualunque poter esprimere liberamente la propria preferenza per una determinata parte politica. Un’usanza che, per le democrazie liberali, sta diventando sempre più scomoda, visto che alla resa dei conti l’uomo qualunque tende a votare di testa sua.

Un’indipendenza di scelta che diventa analfabetismo funzionale se il voto non coincide con le paternalistiche raccomandazioni arrivate da enti sovranazionali, privi di mandato democratico. Più che la crescita dei “populisti” è la sconfitta sonora dei partiti tradizionali a preoccupare la classe dirigente. Un andamento confermato dalle elezioni italiane, dove il crollo del Pd ha allarmato tutte le cancellerie europee. Ecco dunque che viene creato il mito degli hacker russi. Queste entità non ben definite pronte a supportare gli analfabeti funzionali, di cui sopra, nelle loro irresponsabili scelte elettorali.

L’abilità politica di Putin imbarazza la classe dirigente occidentale

Infine c’è l’abilità politica dell’avversario. Vladimir Putin ha saputo fare negli ultimi dieci anni tutto quello che l’Occidente non ha fatto. Ha saputo intervenire in Siria a fianco dell’alleato senza inimicarsi i nemici di Assad. La Russia di Putin mantiene infatti solide relazioni diplomatiche con Turchia, Israele e Arabia Saudita da una parte e con Iran e Libano dall’altra. Il Presidente russo è l’unico attore internazionale che de facto può portare la Siria e il Medio Oriente verso la difficile strada della pacificazione.

Un ruolo diplomatico che poteva essere tranquillamente rivestito dall’Europa, se questa non sapesse solo scimmiottare qualunque flatulenza di politica estera emessa da Washington. Anche quelle che palesemente vanno contro gli interessi stessi dell’Europa (vedi interventi in Iraq e Libia). L’Occidente invidia la Russia e Vladimir Putin. Un Paese sovrano e un leader che non deve rendere conto a nessuna potenza terza o multinazionale di turno.

di Pro Meste

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