Dalla colpa economica a quella sanitaria.
di Diego Fusaro
La colpevolizzazione permanente del cittadino è una delle principali figure della governamentalità di tipo liberista. Essa si fonda, tra l’altro, sulla perpetua instillazione di un senso di colpa e di debito: e ciò di modo che i cittadini o, rectius, i sudditi vivano come conseguenze scaturite da colpe da loro commesse quelle che, a rigore, sono stringenti misure imposte dall’ordine del potere.
In sostanza, il paradigma funziona nel modo che segue: mediante una narrazione gestita ad arte dagli amministratori del consenso, si instilla nel suddito il senso di colpa per qualcosa e, in seconda battuta, si contrabbanda come dolorosa espiazione della colpa una misura che, in verità, non ha alcun nesso con la colpa ed è sic et simpliciter funzionale al mantenimento del potere, quando non al suo potenziamento.
Tradizionalmente, abbiamo visto operare con efficacia questo paradigma a partire dalla crisi del 2007 (ossia dall’inizio della lotta di classe bancaria e finanziaria gestita dall’aristocrazia finanziaria contro i ceti medi e le classi lavoratrici).
Operava
come sappiamo, nella sfera economica: le misure di austerità depressiva, le compressioni salariali, i tagli alla spesa pubblica (spending review) e le “riforme” ultraliberiste venivano spiegate e giustificate come necessarie forme di espiazioni di una colpa, che coincideva quasi sempre con il debito pubblico. In tedesco, come sappiamo, la medesima parola dice la “colpa” e il “debito”: Schuld, che è, appunto, il debito come colpa dei popoli, i quali debbono espiarla subendo misure repressive in ambito economico delle quali non v’è altro responsabile se non la loro condotta (il loro “vivere al di sopra delle proprie possibilità”, come ama ripetere il logo liberista).
Nell’ordine del totalitarismo sanitario e della sua riplasmazione verticistica dei rapporti di forza, il paradigma si è fatto, da economico, sanitario: ma non ha mutato la propria essenza. Le misure restrittive, per non dire liberticide, culminanti nel famigerato “lockdown”, ossia negli arresti domiciliari dell’intera nazione, sono la colpa che i cittadini devono espiare per via della loro condotta irresponsabile.
Non hanno saputo usare con giudizio
i margini di libertà concessa, hanno violato la sacra norma del distanziamento sociale e, in tal guisa, hanno fatto salire esponenzialmente il numero dei contagi: sicché se ora subiranno misure repressive e stringenti, ciò dipenderà unicamente da loro, non certo dall’ordine stesso del potere.
La “colpa” (Schuld) che è anche “debito” (Schuld): i cittadini sono colpevoli e debbono, dunque, estinguere il debito contratto, pagando con restrizioni e limitazioni.
In sostanza, il paradigma della crisi economica si fonda sulla colpa del debito: il modello della crisi terapeutica, per parte sua, si basa su quel suo equivalente medico che è la colpa terapeutica di chi, anche in questo caso, ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità.