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La Medea di Euripide al Teatro Erba di Torino per riscoprire la classicità

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Tutto esaurito mercoledì sera al teatro di Corso Moncalieri per la tragedia euripidea.

TORINO – Viviamo un’epoca, quella della globalizzazione, in cui la cultura classica vive un lungo e costante stato di abbandono, le materie classiche non fanno più breccia nella nostra società. Il percorso degli studi classici, in particolare nella scuola secondaria, non viene più seguito dalle giovani generazioni e materie come la lingua latina, la lingua greca, la storia e la filosofia non suscitano interesse più di tanto. Questa è una fotografia parziale del panorama culturale dell’Italia del 2015.

Che sia per un mero utilitarismo economico (“gli studi classici non danno da vivere”)? O anche solo per scarso interesse in sé verso le discipline? Oppure, ancor più semplicemente, il disinteresse può essere provocato da una classe docente sottoqualificata e con un bagaglio formativo personale e professionale tutt’altro che idoneo? Le ragioni di questo declino possono essere molteplici o comunque analizzabili da diversi punti di vista. Tuttavia, per quanto la classicità non susciti più interesse nelle quattro mura di una scuola, c’è un luogo in cui questa resiste e continua ad appassionare, ossia, il teatro.

E’ il caso del teatro classico, in particolare il genere della tragedia greca. Mercoledì sera presso il Teatro Erba di Torino è andata in scena la Medea di Euripide, sesto appuntamento della XVII° edizione del festival di cultura classica, rassegna organizzata annualmente nel mese di ottobre presso il teatro torinese in Corso Moncalieri dalla compagnia Torino Spettacoli e in collaborazione con la Scuola di Teatro “Giuseppe Erba”. Diretta da Luciano Caratto, l’opera del noto tragediografo greco Euripide ha fatto registrare il tutto esaurito e ha permesso al pubblico, composto da persone di tutte le età, di rivivere attraverso il pathos e la catarsi un’opera teatrale del V secolo a.C. giunto fino ai giorni nostri attraverso i secoli. La tragedia nasce come seguito del mito di Giasone e degli Argonauti, i quali dopo aver conquistato il tanto ricercato vello d’oro con l’aiuto appunto di Medea, questa abbandona il proprio padre per congiungersi in matrimonio proprio con Giasone e trasferirsi a Corinto. Dopo anni di matrimonio, Giasone decide di ripudiare Medea e di sposarsi con la figlia di Creonte, re di Corinto, maturando così il diritto di successione al trono di quest’ultimo. Il ripudio provoca in Medea sentimenti quali disperazione per sé stessa e per i suoi figli nonché ira verso la città di Corinto, al punto da spingere Creonte ad espellerla dalla città. Il pathos di Medea si intensifica e si protrae fino a sfociare in una sanguinosa vendetta contro l’ormai ex marito e contro la città, quindi nell’uccisione dei suoi figli e della figlia di re Creonte. Medea fugge poi verso Atene lasciando così a Giasone il dolore di non avere più né discendenti né il diritto di successione al trono di Corinto.

Lo spettacolo di mercoledì sera ha visto il ruolo di Medea interpretato da diverse attrici nel corso dell’opera, attrici diverse con ogni maschera diversa ognuna delle quali a rappresentare gli stadi del pathos vissuti dal personaggio. Per quanto la tragedia appartenga alla Grecia classica del V° secolo a.C., all’interno di essa vi si possono cogliere temi etici ed episodi tutt’altro che remoti e ancora attuali tra gli uomini contemporanei. Questo a dimostrare quanto la nostra identità affondi le proprie radici in una certa antica civiltà; un legame, quello tra antico e moderno, che vale la pena mantenere allo scopo di tutelare le origini e le identità degli uomini da una globalizzazione turbolenta che sta portando alla loro distruzione per fare spazio ad una società di individui avulsi senza coscienza e senza identità.

@ArioCorapi

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Di Redazione Elzeviro.eu

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