Home / Affari di Palazzo / Rilancio economico post-Coronavirus: il monito dei medici

Rilancio economico post-Coronavirus: il monito dei medici

Condividi quest'articolo su -->

Sono ben 40 milioni i medici, gli infermieri e gli altri professionisti della salute, che hanno deciso di fare un appello per una ripresa sostenibile.

Medici provenienti da decine di Paesi di tutto il mondo hanno scritto una lettera ai dirigenti del G20 ( il forum dei leader, dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali che tengono sotto controllo l’andamento dell’economia internazionale), chiedendo di porre al centro del rilancio economico post-Coronavirus la salvaguardia della salute, non solo dell’uomo, ma anche dell’ambiente.

Questa tutela potrebbe servire per prevenire il rischio di nuove pandemie future, come quella attuale. Così ha affermato Beni Miller, direttrice esecutive del Global climate and healt alliance (Alleanza globale per il clima e la salute) e capofila dell’iniziativa:

Una ripresa sana riconosce che la salute umana, quella dell’economia e quella del Pianeta sono intimamente legate.

Per i medici è fondamentale che siano i governi in primis e le istituzioni sovranazionali in secundis a preoccuparsi del benessere del pianeta, affinché attraverso di esso, si preservi anche quello della popolazione.

E’ opinione comune

pensare che negli ultimi mesi questa epidemia abbia fatto “del bene” all’ambiente. Basti pensare alle numerose immagini e video che girano ultimamente sul web, dove vengono inquadrate acque cristalline e strade pulitissime. Sicuramente in termini di inquinamento il Coronavirus ha contribuito in positivo: la qualità dell’aria è migliorata, grazie a una riduzione del 50% delle emissioni di monossido di carbonio e di CO2, così come le condizioni degli oceani e delle acque, in seguito al calo di sostanze inquinanti prodotte dalle barche a motore e più in generale, dall’ impatto del turismo di massa e delle crociere.

In realtà però, questa epidemia ha avuto anche ripercussioni negative sull’ambiente, più di quanto forse si voglia ammettere. Uno dei problemi più evidenti è sicuramente l’aumento dei rifiuti prodotti, dal momento che siamo stati bloccati nelle nostre case per lungo tempo. Inoltre, un forte impatto sull’ambiente lo sta avendo l’ingente consumo di mascherine, guanti, camici chirurgici e altre attrezzature mediche utilizzate per combattere il Covid.

Un altro contraccolpo è dato poi dall’abuso della plastica monouso. Dallo scorso anno questo tipo di plastica iniziava ad essere sempre meno usata e il settore del packaging si stava convertendo a politiche più green, cercando così di influenzare anche i consumatori. Poi è arrivato il Coronavirus e, nelle case, è tornato in auge l’utilizzo di prodotti come piatti, posate e bicchieri di plastica.

Senza contare che

con la nuova emergenza globale, il tema “cambiamenti climatici” sembra essere passato in secondo piano. Molti paesi (Cina per prima) dopo il crollo economico a cui sono stati sottoposti, stanno considerando di rivedere le proprie leggi sull’ambiente per poter rilanciare l’industria, cosa che condurrebbe certamente a un’involuzione.
Ed è proprio da questo timore che ha origine l’appello dei 40 milioni di medici. Le stesse persone che negli ultimi tempi sono diventati per noi dei veri e propri eroi, si espongono ancora in prima linea per fronteggiare anche questa battaglia.

Così commentano, nella lettera al G20, la situazione di pandemia che ha colpito il mondo negli ultimi mesi:

La morte, la malattia e le sofferenze psicologiche hanno raggiunto livelli che non avevamo più visto da decenni (…)
Gli esecutivi nazionali devono assicurarci che le misure di rilancio economico per uscire dalla crisi sanitaria del Covid-19 non ci portino direttamente in un’altra crisi.

Come si può percepire tra le righe, la loro non è solo una preoccupazione strettamente legata alla questione ambientale. Questa  lettera pare più essere un monito diretto ai leader mondiali e alle istituzioni, prima fra tutte l’Europa, che guidano il mondo ai nostri giorni.

Quello che risulta chiaro e che gli stessi medici ci tengono a sottolineare, è il fatto che questa epidemia si sarebbe potuta evitare, o comunque affrontare in maniera meno deleteria, se si fosse investito adeguatamente nella salute pubblica. Ora, augurandosi che “dagli errori si impara”, tutti gli occhi sono puntati sulle decisioni che verranno prese per questo nuovo rilancio economico post-Coronavirus.

Sicuramente una particolare attenzione

è rivolta all’UE e alle direttive che ha ultimamente emanato, direttive che risultano a dir poco insufficienti per realizzare un serio rilancio, perlomeno per il nostro paese. Seppur vengano fatte circolare informazioni ingannevoli, facendo passare l’Europa come un gigante buono pronto a elargire regali a tutti i suoi membri, la verità è ben lontana da questo.

Basti pensare alla grande illusione del Recovery Fund: viene esibito come un aiuto completamente a fondo perduto, quando nel concreto, solamente una parte può ritenersi davvero non rimborsabile. In ogni caso, più che un “regalo” per noi il Recovery Fund, sembrerebbe quasi una sorta di ricatto.

Ci viene offerto denaro sì, ma alle rigidissime e personalissime condizioni europee: il vincolo di destinazione, la quota di cofinanziamento nazionale e il saldo tra entrate e uscite, sono solo alcune di queste condizioni.

Ne varrebbe la pena?
Come si suol dire dunque, la cura potrebbe essere peggiore del male.

Leggi anche:

Struttura e criticità del Recovery Fund oltre la propaganda

Condividi quest'articolo su -->

Cerca ancora

Intervista: l’invasione inefficace dell’Afghanistan

A più di vent’anni dall’invasione dell’Afghanistan, i Taliban ancora comandano nella regione. Non sarebbe stato …