Il fronte del taglio ha trionfato con percentuali bulgare. Adesso però, a scrutini chiusi e referendum archiviato, è opportuno ricordare ai vincitori il significato profondo della loro scelta.
Chiariamo subito un aspetto imprescindibile: “la vittoria del SI’ sarebbe un attentato alla democrazia“, è solo la tipica iperbole figlia di una comunicazione (politica e soprattutto giornalistica) affetta da una forma acuta di sensazionalismo.
È agevolmente desumibile infatti, che una mera riforma contabile, come la sforbiciata di un pacchetto di onorevoli e senatori, non possa certo pregiudicare da sola l’essenza di un sistema politico-istituzionale. Ciò che può fare, al massimo, è minare la qualità del suddetto sistema.
Chi ha voluto contribuire all’approvazione della riforma costituzionale, deve essere anzitutto consapevole del tranello ordito (con cognizione di causa o meno non potrà saperlo mai nessuno) dai suoi promotori: quello cioè, di gettare le basi per un parlamento ad uso e consumo di lobbisti e segreterie di partito, cavalcando lo slogan demagogico del taglio alla casta. Un autentico capolavoro di maligna genialità e/o di ineguagliabile ignoranza da parte dei leader pentastellati.
Nulla di cui stupirsi peraltro, dato che si tratta del partito più liquido e flessibile dell’intero emiciclo. Un partito a cui è bastato saltare la staccionata che divide l’opposizione antisistema – a parole oltranzista e combattiva – dai palazzi del potere, per rinnegare praticamente tutti i principi più intransigenti del “POPOLO STUFO”, dell’ONESTÀ e del “BA$TA CA$TA”.
Dal no-euro all’acritica accettazione del Recovery Fund (a breve anche del MES), passando per l’elezione della Von der Layen; dalla politica in streaming e la democrazia diretta, ai leader scelti a tavolino; dal vincolo del doppio mandato al mandato zero; dal “mai con il partito di Bibbiano” all’alleanza con il PD meno di un mese dopo; senza dimenticare poi l’ammorbidento sui temi Autostrade, Tav e Ilva.
Ecco, appoggiare il SÌ significa aver avallato non solo una riforma contraddittoria e demenziale rispetto alla ratio sostenuta dai suoi promotori, ma anche la classe politica più ipocrita, stracciona e opportunista della storia repubblicana.