I processi elettorali in corso in America Latina sono lo specchio delle condizioni della democrazia nel continente americano.
In particolare, in Bolivia è in corso una guerriglia civile tra indigeni, coltivatori di coca, contadini, e operai, sostenitori dell’ex presidente Evo Morales del partito populista di sinistra (MAS), e la classe media urbana e le élites tradizionali che si schierano contro il Movimento per il Socialismo. Morales era a capo del paese dal 2006 e alle ultime elezioni in ottobre 2019 avrebbe ottenuto nuovamente il mandato, nonostante i limiti fissati dalla Costituzione.
Gli esponenti e sostenitori del MAS parlano di golpe e di svolta autoritaria nel paese,
Dal momento in cui Morales ha presentato le sue dimissioni rifugiandosi in Messico dopo essere stato accusato di elezioni truccate. Più tardi, inchieste indipendenti e studi accademici hanno dimostrato che le accuse erano infondate, e che Morales aveva effettivamente ottenuto la maggioranza. È una senatrice di destra, Jeanine Añez, a prendere il posto vacante lasciato da Morales ed è l’esercito ad intervenire per gestire l’ordine pubblico. Ordine pubblico gestito attraverso mezzi discutibili, come i colpi di arma da fuoco che hanno ucciso alcuni manifestanti e ferite molti altre mentre era in corso una marcia pacifica di cocaleros.
A manifestare infatti non solo troviamo l’opposizione di Evo Morales, ma anche i suoi sostenitori:
gli indigeni, i coltivatori di coca, e gli operai scesi in piazza a sostegno dell’ex presidente, per denunciare il colpo di stato in corso e la svolta autoritaria nel paese. La Bolivia è il paese più povero dell’America Latina e la sua economia dipende principalmente dall’agricoltura. Quando ci si riferisce ad agricoltori e coltivatori di coca parliamo quindi di una enorme porzione di popolazione, la quale non ha intenzione di smettere di lottare per Morales, il quale essendo stato uno di loro ha sostenuto molte riforme a loro favore, come la legalizzazione della coca e la lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Ci troviamo davanti ad un popolo devoto al suo presidente che continuerà a sfidare un’opposizione che non ha troppi problemi sparare sulle folle.
È uno scontro destinato a durare,
Una guerra civile che sta portando devastazione nella regione e che va a sommarsi all’emergenza per il Covid-19, ancora più difficile da gestire per il paese boliviano già carente di servizi sanitari efficienti e adeguati. Gli scontri e gli atti di vandalismo da parte dei militanti di entrambe le fazioni stanno mettendo in ginocchio il Paese che si divide in due, mentre la democrazia continua ad indebolirsi.