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Israele prepara l’annessione della Cisgiordania

Netanyahu

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Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, sta preparando il terreno per mantenere una delle sue promesse di maggior rilievo: l’annessione del territorio occupato della Cisgiordania.

Un piano propedeutico era già stato preparato a gennaio dall’amministrazione Trump, con un documento di 181 pagine. La “visione” di Trump, infatti, rappresenta un’accozzaglia di vecchie idee avanzate nel corso degli anni dai governi israeliani più massimalisti. Idee che gli Stati Uniti hanno in passato rifiutato, ma che oggi, vista la vicinanza tra Trump e Netanyahu, ricevono l’approvazione della Casa Bianca. Autonomia sotto occupazione per i palestinesi, anzichè autodeterminazione in uno stato proprio. Tale visione rappresenta il vecchio obiettivo di Menachem Begin, il fondatore del Likud israeliano, oggi capeggiato dallo stesso Benjamin Netanyahu.

Il piano di Washington

Con i suoi abitanti confinati in piccole zone dove godono di autorità civile e di polizia, lo “Stato” palestinese immaginato da Trump non è nè sostenibile nè indipendente. Sarà piuttosto composto da centri urbani isolati e scollegati tra loro: totalmente dipendenti da Israele in ambito doganale ed economico. D’altronde, questa è la realtà in cui vivono da tempo i palestinesi della Cisgiordania occupata, una realtà che viene oggi riconosciuta come accettabile e permanente dagli Stati Uniti di Trump.

Cisgiordania
Cisgiordania

Nelle quattordici pagine dell’accordo della coalizione-truffa formata dai due politici contrapposti Netanyahu e Gantz è prevista l’annessione della Valle del Giordano e di altri territori della Cisgiordania. Il primo ministro ha promesso che entro il 1° luglio la porterà a termine, dando seguito al piano di pace ideato dall’amministrazione di Washington, che concede a Israele ampia possibilità di manovra.

Qualcuno di ragionevole ancora c’è

Tuttavia, come riportato dal New York Times, una parte dei coloni israeliani è contraria a questo piano di annessione. Da una parte, i sostenitori di sinistra di una soluzione a due stati sostengono che un’annessione unilaterale sarebbe una violazione dei diritti internazionali. Dall’altra alcuni funzionari militari stanno mettendo il governo al corrente del rischio di innescare nuovi scontri armati con la vicina Giordania.

Inoltre, alcuni coloni israeliani che vivono in alcuni insediamenti isolati temono ripercussioni pericolose, essendo circondati da territori abitati da palestinesi. Secondo il piano di Netanyahu, infatti, i palestinesi non potranno ottenere la cittadinanza israeliana, ma rimarranno solamente un’enclave nel territorio nemico.

Il 13 maggio la visita lampo del segretario di stato degli Usa Mike Pompeo nello Stato ebraico ha confermato che il governo Netanyahu-Gantz ha il via libera per l’annessione. L’amministrazione Trump raddoppierà il proprio sostegno ai massimalisti israeliani, in particolare con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre dove il presidente in carica, sempre più in difficoltà sul piano interno e internazionale, ha bisogno del voto dei sostenitori del sionismo.

“Dopo il Covid un mondo migliore”

Due giorni dopo la visita del segretario di stato americano i ministri degli Esteri dell’Unione europea si sono incontrati a Bruxelles per definire una risposta unitaria ai piani di annessione di Israele. Il risultato? Il solito nulla cosmico. La previsione di molti intellettuali e filosofi durante il lockdown di un mondo migliore post-pandemia risulta pindarica. Soprattutto alla luce dei più recenti avvenimenti. L’annessione della valle del giordano, la legge sulla sicurezza di Hong Kong e l’abuso di potere dei poliziotti americani ne sono una conferma.

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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