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La minaccia di un nuovo governo tecnico

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Il Telegraph britannico ieri sera ha pubblicato un articolo a firma di Evans-Pritchard che palesa l’intenzione del nostro Presidente della Repubblica di riconsegnare il paese ad un governo di tecnici, anzi, di tecnocrati, ciò che appare oltremodo un termine adatto. Napolitano starebbe esplorando le possibilità per uscire da questa impasse, ove un governo a guida Pd potrebbe non essere stabile poiché non sorretto da una maggioranza sufficientemente solida: in Senato il M5S è il primo partito ed il Pdl ha due senatori in meno del Pd, quindi una sindrome influenzale di qualche parlamentare o un congresso di partito dei senatori Pd napoletani, per fare un esempio, potrebbero comportare la minoranza in Senato. 
Ecco che allora la minaccia di un nuovo governo tecnico si fa concreta, anzi, Napolitano starebbe già cercandone i membri. E chi potrebbe far parte di tale formazione salvifica, in un momento di impasse così grande? L’inciucione Pd-Pdl sarebbe possibile, da quanto ci è dato apprendere, solo con la discesa in campo come premier del conciliatore Matteo Renzi, che, però, non si vuole bruciare e deve ancora portare a termine il suo mandato come primo cittadino in quel di Firenze. Ebbene appare allora non così lontana la (nefasta e antidemocratica) possibilità di nomina di un secondo e consecutivo governo tecnico, o di tecnocrati. 
OBBEDIRE alle decisioni assolutistiche di Napolitano
Potrebbe far parte del governo tecnico tutta la schiera di passati governanti che non siano scesi in politica, quindi si dovrebbe escludere Monti, che, evidentemente deluso dai risultati elettorali, non si sa bene cosa abbia intenzione di fare col suo 10% che potrebbe fungere da ago della bilancia per le sorti del paese. Né si capisce cosa abbia intenzione di fare con la sua carica vitalizia, constatando che dovrebbe, ad avviso della maggiore parte delle forze politiche (e dei cittadini) dimettersi da Senatore a vita. 
Rischieremmo quindi di ritrovare Fornero e Profumo, per fare due esempi di ministri che hanno sollevato polemiche e discese in piazza non trascurabili nell’anno appena trascorso. Lo scippo della democrazia che si invererebbe in tale ipotesi è palese e farebbe del Presidente della Repubblica una sorta di monarca, ruolo  non troppo lontano da quello che la Costituzione gli attribuisce, ma che finora si ha sempre avuto la decenza di non esercitare così incisivamente ed antidemocraticamente
Il Telegraph seleziona questa notizia nell’ambito “Finance”, quindi finanza: la parte economica del giornale, mentre qui da noi la questione non è solo economica, ma prettamente politica e costituzionale. Tale questione fa bene intendere come la Costituzione dovrebbe essere modellata, anche nella parte delle attribuzioni del Presidente della Repubblica: chiarificato il numero di senatori a vita eleggibili per mandato ed il numero massimo globale, ridotte le funzioni del Capo dello Stato a mera rappresentanza diplomatica ed ampliati i poteri del Capo del Governo. Una riforma in senso presidenziale è da tempo invocata dalle parti politiche, riforma che dovrebbe naturalmente accompagnarsi ad una reale determinazione del Parlamento come organo garante e necessariamente vagliativo delle proposte del Governo.
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Di Redazione Elzeviro.eu

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