TORINO – E’ stato un gesto di “disobbedienza civile” quello che, in un presidio No Tav del 2010 ha visto Beppe Grillo e altri Notav occupare una baita alla quale erano stati apposti i sigilli dopo il sequestro da parte delle forze dell’ordine.
La difesa di Grillo e degli altri imputati, una ventina, parla di “esercizio di un diritto” di fronte al mancato rispetto del sequestro giudiziario della baita-presidio.
L’avvocato Roberto Lamacchia si è detto convinto che la procura di Torino abbia sbagliato a contestare il reato di violazione di sigilli. “Al massimo si tratta di una inosservanza di un provvedimento dell’autorità”, dice il legale.
Anche per gli altri venti imputati vi sono richieste di pene severe: dai sei ai 18 mesi per aver rimosso i sigilli apposti dalle autorità. La baita in questione, in Val Clarea, è posta nei pressi del cantiere dell’Alta velocità e sita in terreni comprati dai Notav. Si tratta di un edificio abusivo, per la cui edificazione non sono stati richiesti permessi: venne costruita nel 2010 e sequestrata dopo poche settimane, ma i NoTav la rioccuparono per due anni.
Altro nome di spicco tra gli imputati è quello di Alberto Perino che, se condannato per i vari reati di cui è imputato, se la vedrebbe molto brutta, come denunzia anche il suo amico Beppe Grillo in questo post, condiviso sui social con la frase “il mio amico Alberto Perino dei Notav è in grave difficoltà, ecco cosa gli è successo”.