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E adesso che sono diventati…orfani di Berlusconi con chi se la prenderanno ma, soprattutto, cosa faranno?

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Il titolo che precede il mio articolo può sembrare fuori luogo o quasi paradossale, ma rispecchia in definitiva la nuova realtà di un PD che, all’indomani dell’elezione del suo nuovo segretario, Renzi, sembra mostrare un aspetto un po’ ideologicamente ed elettoralmente dimesso, potremmo dire, una cera politicamente ingrigita.

E’ tutto qui in fondo il paradosso di una Sinistra che da sempre e in modo, direi, patologico è vissuta succhiando la sua linfa vitale solo e soltanto dalle campagne portate avanti contro i suoi nemici storici. Un Sinistra che si sta riscoprendo liberal, magari pure un po chic, e che sembra aver messo in cantina gli orpelli e le icone che avevano fino all’altro ieri contribuito a solidificare la sua immagine combattiva di partito antiberlusconiano.

Quello che fu il vecchio PCI, aveva, dal dopo guerra fino ai primi anni ottanta, cavalcato la tigre della liberazione delle masse proletarie dallo sfruttamento della classe padronale e quella, meno realistica ma di sicuro impatto elettorale, della lotta contro il nemico clerico-fascista. In quei malefici anni settanta bastava anche solo dire qualcosa contro l’ideologia comunista o anche solo appellarsi ai valori di amor patrio per subire quella che fu un’autentica caccia alle streghe. Una caccia portata avanti con “ideologica” precisione sia nelle fabbriche che nelle scuole, come soltanto il PCI, dall’alto della sua perfetta organizzazione, riusciva a fare.

Ricordo, nei miei ormai rarefatti dejavù scolastici, di aver un giorno assistito, quando ero al ginnasio, ad una noiosissima conferenza sull’Antifascismo e su quale “grande” apporto l’Unione Sovietica avesse dato per la “santa causa”. Non potendo più ascoltare le assurdità anti storiche e le “baggianate” che l’immaginifico oratore stava snocciolando come lapalissiane verità, salii sul palco e dissi a quel “magnifico” relatore che nella girandola di nazioni ancora fasciste da lui citate e contro le quali bisognava, a suo dire, continuare a combattere la guerra iniziata nel 1939, ne mancava una sola, quella vera: l’Unione Sovietica…apriti cielo! A causa del mio “patetico” intervento nell’aula magna della scuola, venni nei giorni successivi additato come un appartenente a chissà quale inquietante frangia fascista o, nel migliore dei casi, trattato come un poveretto a cui guardare con compassionevole sguardo, una sorta di scemo del villaggio preglobalizzato quale era allora la Scuola Italiana in genere. Quelli erano gli anni in cui, lateralmente alle rivendicazioni salariali e alle marce studentesche, con tanto di randelli al seguito, si urlava nelle piazze che uccidere un fascista non era un reato, ma purtroppo furono anche gli anni del terrorismo rosso, vero e proprio braccio armato di un’ideologia marxista ancora in auge e in grado di diffondere pericolosamente il suoi contenuti fasulli.

Ebbene, dopo la parentesi dal volto umano di un Enrico Berlinguer, e dopo il famoso strappo della Bolognina, il vecchio PCI, di fronte all’evolversi strabiliante della storia umana, si trovò costretto piano piano a cambiare rotta. Visto che non si poteva più dare del “fascista” ai milioni di persone che si erano riversate nelle strade della Germania Orientale e che avevano sfaldato a picconate il famigerato muro insieme alle statue di Lenin, si decise di mettere, non senza un po’ di rabbia e stridor di denti, la falce e martello in soffitta, e non prima magari di averci cantato sopra un bel commovente “peana” di commiato.

Il cambiamento all’inizio fu lento e, con i vecchi protagonisti, diventati anagraficamente solo un po’ più maturi, ancora sentimentalmente legati sotto sotto ai vecchi miti un po’ intristiti. Era però chiaro a tutti che…morto un nemico bisognava in qualche modo trovarne un altro. E la…fortuna per una volta fu ancora benigna con loro: sulla scena politica italiana piombò Silvio Berlusconi, che nell’immaginario collettivo di una Sinistra a corto di idee, sarebbe diventato, prima in modo strisciante, poi in modo sempre più sfacciato e urlato, il nuovo nemico contro cui combattere e assemblare una santa crociata che avrebbe permesso prima al Partito della Quercia e poi al Partito Democratico di sopravvivere alle fumanti rovine del Comunismo. I “famigerati” fascisti, infatti, così come erano comparsi nell’immediato dopo guerra, scomparvero ben presto nel dimenticatoio per essere sostituiti con il nuovo “mostro” contro cui organizzare il novello esercito consolare della salvezza. Un “mostro” a cui si rinfacciava il fatto di avere in primis il controllo delle televisioni private e quindi dei mezzi di informazione, dimenticando, come sempre certa sinistra in mala fede fa, gli anni, molti per la verità, in cui la Rai era stata controllata, in modo più o meno strisciante, dal PCI e questo senza che nessuno avesse mai osato dire qualcosa in contrario. “Tele Kabul” fu l’emblema di quegli anni, una tv che sembrava controllata dall’Agenzia delle…uscite Russa, la Tass. E il fatto che un imprenditore italiano, che possedeva già da anni una fetta della televisione privata, avesse osato scendere in politica, era diventato, proprio per questo,  un fatto intollerabile contro cui combattere una guerra senza quartiere e fino all’ultima goccia di sangue. Paradosso dei paradossi anche questo di una sinistra storicamente poco portata all’obiettività e alla buona fede intellettuale, ma soprattutto corta di memoria.

Intanto l’elettorato di sinistra, in modo lento ma inesorabile è andato radicalmente cambiando in questi anni, fino al pensionamento definitivo dell’ultimo “Cipputi“. Cipputi sostituito da lavoratori sempre più specializzati e tecnologizzati, poco disposti a farsi portabandiera della vecchia ideologia marxiana, e sempre meno somiglianti al modello proletario iniziale. Proletariato sostituito progressivamente dai nuovi “radical scic” dai vestiti griffati e dalle auto rombanti, ma sempre “pietosamente” interessati, per biechi scopi opportunistici, tra i quali la propria rispettosa immagine sociale, a difendere e a farsi partecipi dei diritti del “popolo”. I milioni dei vecchi proletari sono poi stati progressivamente soppiantati dai milioni di disoccupati, anche questi molto poco sensibili alle antiche suggestioni, ma soprattutto molto poco considerati dai partiti e dagli stessi sindacati, da sempre tradizionalmente più legati al mondo dei lavoratori  che a quello dei…non lavoratori. Infatti i disoccupati non potranno mai bloccare intere città, perché non sono organizzati, e non potranno mai bloccare produzioni aziendali a cui non partecipano e quindi, per questo motivo, non avranno mai completa dignità di…protezione.

Quindi ora, orfani della loro vecchia base, orfani delle loro vecchie idee e soprattutto orfani dei loro vecchi e leggendari nemici, questa classe di nuovi “liberal” democratici, all’improvviso si scopre povera di contenuti, e forse anche di identità. Basta comunque guardare quanto i volti nuovi siano differenti da quelli vetusti, stile D’Alema, stile Fassino, per rendersi conto della rivoluzione copernicana che è avvenuta all’interno di quello che fu il partito della sinistra unita. Una Rosy Bindi, che non ha, ci sembra, ormai più nulla da spartire né con un Renzi e nemmeno  con un Civati, se non come protagonista involontaria, nei nuovi salotti alla page, della famosa barzelletta che Berlusconi confezionò in suo onore. E poi con un Papa come Francesco che sta letteralmente rubando la scena con il suo approccio nuovo e clamoroso, ma soprattutto rimanendo fermo a quegli stessi principi da sempre aborriti dalla stessa Bindi, come il diritto alla vita, la sacralità del Matrimonio e quant’altro, la frangia dei Cattocomunisti, sembra destinata a rintanarsi sempre di più in un mesto e dignitoso dimenticatoio. I socialisti, almeno quelli che fecero una scelta di campo opposta a quella fatta, a suo tempo, da Anna Craxi, stanno sparendo anche loro in modo silenzioso senza più nessun appiglio elettorale o grande personalità  a cui aggrapparsi, mentre di ex comunisti ed ex burocrati-funzionari di partito ne sono rimasti soltanto alcuni sparpagliati qua e là nei vari Comuni che ancora si ritrovano ad amministrare, non si sa bene in nome di quale identità politica o ideale.

Ma ora Renzi, a cui va comunque riconosciuta, in tempi non sospetti, una certa verginità in fatto di cori e coretti antiberlusconiani, dovrà incominciare a dare una nuova immagine e un nuovo decoro a un Re che, all’improvviso, si è scoperto… abbastanza nudo. Con quali vestiti saprà rivestirlo il giovane ex “Ghibellin fuggiasco”, ora che è tornato a casa, lo vedremo nei prossimi mesi e forse anni. Una bella scommessa, visto che in questo momento il Re in questione sembra non possedere più neanche le…culotte. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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