La paura che le influenze dei fraterni popoli europei valichino le montagne sono ben fondate. Fortemente imparentata con la rivolta dei forconi, è passata quasi sotto silenzio una protesta violenta e massiccia: la rivolta degli agricoltori che si è consumata in Francia nell’ultimo mese e che minaccia di riprendere se non vi sarà presto un abbassamento della pressione fiscale nei confronti del settore agricolo.
E’ stato raccolto l’appello lanciato dai sindacati degli agricoltori dell’Ile-de-France, che hanno richiesto la “mobilitazione generale per un blocco di Parigi” esattamente un mese fa, per protesta contro le tasse giudicate troppo elevate. In Francia la rivolta dei lavoratori del settore è stata forte e ben precisa, con azioni di blocco del traffico organizzate e riversamenti di letame di fronte agli uffici pubblici, di modo da renderli impraticabili e fare uscire i politici per trattare, al megafono. Una tale protesta sarebbe forse auspicabile anche in Italia, dove però i sindacati non funzionano (e nemmeno esistono, stando alla lettera della Costituzione per come essa li prevede). Emblematico è il fatto che il penultimo segretario del primo partito di governo, cosa che si vede solo in questo paese, sia stato per anni il segretario del maggior sindacato del lavoro, evidentemente politicizzato e quindi non parte avversa ai partiti in un’ottica contrattuale lavoristica.
“Assembramenti su tutte le strade che conducono a Parigi per far sentire la voce di un’agricoltura oggi sacrificata”, questo il motto di una manifestazione che ha arrecato e minaccia di arrecare altri fortissimi disagi nella capitale francese.
In Italia sembra invece che la protesta dei forconi sia stata tanto forte e scioccante, ma comunque meno violenta di quella francese (un morto e immagini inquietanti), quanto inutile. Inutile è una parola forte, è vero: ma a parte qualche disagio che si è venuto a placare nel corso di qualche giorno, i Forconi nulla hanno ottenuto dal governo centrale, con una disorganizzazione nella protesta massima. Alcune forze politiche hanno partecipato ai cortei ed agli assembramenti senza però assumere la direzione della protesta. Chi scrive pensa che invece qualcosa in questo senso si sarebbe potuto fare. A Roma, ad esempio, considerato che gli aderenti alla protesta hanno quasi tutti una comune area politica di provenienza. Ancora la manifestazione di ieri in Piazza del popolo, che nonostante i media si siano affrettati a considerare un flop per carenza di manifestanti (tutt’altro), viene letta in maniera sbagliata. Simone Di Stefano, colui che ha compiuto il gesto simbolico di togliere una bandiera Ue per sostituirla col tricolore, ammette sportivamente la débâcle di ieri. Nonostante la sua pagina facebook sia passata in una settimana da 7mila a 11mila e passa likes, gli apprezzamenti al presidio di ieri sono stati pochi e conclude il suo discorso in merito con un mesto “peccato”.
“Oggi la piazza poteva crescere, CasaPound ha portato cuore, colore e bellezza. Purtroppo gli organizzatori non hanno una rivendicazione politica e mancano di contenuti. Si parla dal palco in libertà, si esprime rabbia anche sacrosanta, ma manca la proposta. Noi abbiamo partecipato dal 9 Dicembre con sacrificio e amore per la nostra nazione. Ora è il caso che gli organizzatori si chiariscano le idee. Non basta certo urlare 5 ore che “i politici se ne devono andare!”. Molti italiani che volevano partecipare sono stati allontanati dalla carenza di proposta. Peccato. A quanti hanno cercato di terrorizzare l’opinione pubblica circa la presenza di CasaPound abbiamo dato una lezione di stile, concretezza e serietà.”, dice Di Stefano.E allora come mai non prendere la testa della protesta? Sicuramente per un’innata correttezza che fa sì che, da aderenti ad una protesta di un comitato che si dichiarava apolitico, non si è portata nemmeno una bandiera di partito. Eppure non è a pane e biscotti che si fa una protesta, urlando uno sterile sdegno da un pulpito che vede il suo pubblico svuotarsi, a poco a poco.
La palla va presa al balzo, i palazzari del potere cavati dalle loro tane e messi di fronte alla folla inferocita, a trattare. O si fa così, o si continua a concedere loro di arraffare e depredare il nostro denaro (pardon, i “rimborsi”) ed alzare le tasse. In questo caso non ci dobbiamo sorprendere, perché ci danno l’esempio che meritiamo. Solo alcuni hanno il coraggio di tenere un comportamento irreprensibile, a difesa delle famiglie e dello Stato. I nostri vicini di Grecia e di Francia ci stanno dando l’esempio, ma forse noi si preferisce girare la testa e guardare con occhietti tracotanti di desiderio l’esempio di questi politicanti da strapazzo. Considerando la mente del comunissimo italiota, che non riesce a vedere a più di un palmo dal naso, è sicuramente così. Ci meritiamo quello che abbiamo. Un esempio ne sia questo inaggettivabile signore nella foto a destra: un fervido protestante che alla fine ha cercato la comoda poltrona da siculonorevole, cioè onorevole col culo degli altri.