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Nazionalismo medico, identità e multipolarità

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Come è successo molte volte nella storia, il 2020 ha avuto una sorpresa in serbo per l’umanità: per diversi mesi, l’ecosistema strettamente intrecciato del mondo globalizzato è stato trasformato da un nuovo coronavirus, che è passato da pochi casi in Cina ad una pandemia globale.

di Leonid Savin

La pandemia di COVID-19 ha modificato i processi politici internazionali. I confronti sono già in corso: la crisi globale del 2008 ha portato alla formazione di BRICS, l’FMI è stato istituito durante la seconda guerra mondiale e il G7 è nato dopo la crisi petrolifera del 1973, quindi sicuramente anche questa crisi porterà alla nascita di qualche nuova configurazione.

I globalisti ansiosi stanno gridando che una nuova ondata di nazionalizzazioni sta iniziando in tutto il mondo e che i regimi autocratici stanno cogliendo l’opportunità di consolidare il loro potere. Gli Stati Uniti prevedono che l’imminente crisi economica sarà persino peggiore della precedente e aumenterà il tasso di disoccupazione del Paese del 20%.

In un articolo del 18 marzo 2020

Kurt Campbell, ex segretario di Stato aggiunto per gli affari dell’Asia orientale e del Pacifico ed il direttore della China Strategy Initiative della Brookings Institution, Rush Doshi, hanno osservato che:

mentre le sue implicazioni geopolitiche dovrebbero essere considerate secondarie rispetto alle questioni di salute e sicurezza, tali implicazioni potrebbero, a lungo termine, dimostrarsi altrettanto consequenziali, specialmente quando si tratta della posizione globale degli Stati Uniti”.

I due confrontano l’attuale pandemia con il “momento di Suez” e scrivono che ogni elemento della leadership americana è ora messo alla prova. E mentre la Cina ha agito rapidamente, anche aiutando altri Paesi, lo stesso non si può dire di Washington.

All’inizio di marzo 2020, gli Stati Uniti avevano solo l’uno per cento dei miliardi di maschere chirurgiche di cui aveva bisogno, secondo i dati ufficiali.

Per quanto riguarda i ventilatori

il Paese aveva solo il 10% della quantità necessaria in un’epidemia. Allo stesso tempo, il 95% degli antibiotici sul mercato statunitense sono di origine cinese e la maggior parte degli ingredienti non può essere prodotta localmente. Un totale dell’80% dei componenti di base utilizzati nei farmaci statunitensi proviene dalla Cina e dall’India.

In generale, per uscire da questa situazione, gli Stati Uniti devono risolvere i propri problemi interni, iniziare a fornire beni e servizi pubblici a livello globale e coordinare (idealmente ponendosene a capo) una campagna globale per combattere la pandemia e mitigare l’impatto della prossima crisi economica. Questo, ovviamente, non accadrà.

Il nazionalismo è ora evidente non solo nella solidarietà di gruppi di cittadini con i medici in un determinato Paese, ma anche nell’efficacia dell’assistenza medica. In termini di mortalità, Stati Uniti, Italia e Spagna occupano i primi posti in questa sfortunata classifica, mentre la Cina e l’Iran – i due Paesi in cui più o meno è iniziata l’epidemia globale – nelle statistiche complessive hanno cifre più basse.

L’Italia è stata colta impreparata

È stata colta impreparata anche per la posizione assunta dagli altri membri dell’UE, che hanno lasciato il Paese a difendersi da sé. L’assistenza senza precedenti fornita da Cina, Russia e Cuba ha mostrato al mondo il vero significato di solidarietà, in contrapposizione ai valori ipocriti dell’Europa. Molti politici italiani, e non solo gli euroscettici, hanno iniziato a parlare di un possibile “Italexit” – il ritiro dell’Italia dall’UE, seguendo le orme del Regno Unito.

È possibile che non rimarranno altro che chiacchiere, dal momento che l’Italia è lontana dal Regno Unito dal punto di vista economico, ma l’Unione Europea non sarà più la stessa.

Eppure l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono i due poli principali della geopolitica globale. Sono uniti da una tradizione di neo-atlantismo che risale a decenni fa. E ora, l’attuale crisi sta esponendo le vulnerabilità dell’intero sistema: la politica, l’ideologia e la geopolitica di un neoliberismo e della democrazia occidentale che è degenerata in una cricca di cartelli di oligarchi.

La pandemia sta anche rivelando le vulnerabilità di un sistema militare e politico come la NATO, perché i suoi membri non sono stati in grado di affrontare collettivamente la diffusione del virus. Quindi, cosa accadrebbe se, Dio non volesse, un gruppo terroristico usasse un’arma biologica o chimica?

Tornando all’opinione dei globalisti sulla questione

c’è un articolo piuttosto significativo sul sito web del Council on Foreign Affairs che valuta le azioni degli Stati Uniti come motore della globalizzazione. L’autore scrive:

Poiché i politici di tutto il mondo lottano per affrontare il nuovo coronavirus e le sue conseguenze, dovranno confrontarsi [anche] con il fatto che l’economia globale non funziona come pensavano. La globalizzazione richiede una specializzazione sempre crescente del lavoro nei vari Paesi, un modello che crea straordinarie efficienze ma anche straordinarie vulnerabilità.

Scosse come la pandemia COVID-19 rivelano queste vulnerabilità. I fornitori single-source o le regioni del mondo specializzate in un particolare prodotto, possono creare fragilità inaspettata nei momenti di crisi, causando il crollo delle catene di approvvigionamento. Molte altre di queste vulnerabilità saranno esposte nei prossimi mesi.

Il risultato potrebbe essere uno spostamento nella politica globale

Con la salute e la sicurezza dei propri cittadini in pericolo, i Paesi possono decidere di bloccare le esportazioni o sequestrare forniture critiche, anche se ciò danneggerebbe i loro alleati e vicini. Un simile ritiro dalla globalizzazione renderebbe la generosità uno strumento di influenza ancora più potente per gli Stati che possono permetterselo.

Finora, gli Stati Uniti non sono stati leader nella risposta globale al nuovo coronavirus ed hanno ceduto almeno parte di quel ruolo alla Cina. Questa pandemia sta rimodellando la geopolitica della globalizzazione, ma gli Stati Uniti non si stanno adattando. Invece, sono malati e si nascondono sotto le coperte.

Joseph Nye Jr.

concorda pessimisticamente sul fatto che il sistema di potere degli Stati Uniti è disfunzionale:

La concorrenza e un approccio ‘America First’ non sono sufficienti per proteggere gli Stati Uniti. Una stretta cooperazione con alleati e avversari è anche essenziale per la sicurezza americana. […] Dobbiamo anche pensare in termini di potere per raggiungere obiettivi comuni, che coinvolgono il potere con gli altri. […] La chiave per la sicurezza e la prosperità futura dell’America è imparare l’importanza del ‘potere con’ così come del ‘potere sugli altri’.

Ogni Paese mette al primo posto i propri interessi, ma la domanda importante è quanto in modo ampio o ristretto esso definisca tali interessi. […] La nuova minaccia alla sicurezza americana non proviene solo da forze transnazionali come COVID-19 e dai cambiamenti climatici, ma dall’incapacità interna degli americani di adeguare i propri atteggiamenti a questo nuovo mondo. Questa è la lezione dolorosa che COVID-19 ci sta insegnando.

Joseph Nye Jr. allude chiaramente al possibile emergere di nuovi centri di potere, un ripensamento dell’identità e questioni di sovranità. Sta dando il segnale che l’establishment americano è pronto a ripensare le regole del gioco.

Qualunque cosa accada

il virus si rivelerà estremamente impegnativo per gli Stati Uniti e l’Occidente, sia in senso figurato che letterale. La notevole fragilità del Paese più tecnologicamente sviluppato avrà un impatto sulla rivalutazione delle sue politiche interne ed estere. Sia i cittadini statunitensi che i cittadini di altri Paesi chiederanno sempre più stabilità politica, accesso a decisioni chiave e la rimozione dalle posizioni di potere e punizione di coloro che hanno approfittato della crisi e l’hanno manipolata per servire interessi personali o aziendali.

Ciò fornirà un’ulteriore opportunità per introdurre ed attuare l’idea della multipolarità non solo da parte degli oppositori di un’egemonia unipolare, ma anche all’interno dell’Occidente stesso, dal momento che sarà una questione di sopravvivenza stessa dell’Occidente.

E per i non occidentali, aprirà un’altra finestra di opportunità nella geopolitica globale. Poiché le catene di approvvigionamento che hanno contribuito a stabilire il dominio globale dell’Occidente si stanno rompendo, sarà possibile modellare il proprio futuro sulla base di idee autentiche e principi di buon vicinato e cooperazione reciprocamente vantaggiosa.

 

Traduzione di Costantino Ceoldo

 

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