L’analisi del testo della risoluzione lascia trasparire alcune evidenti contraddizioni, frutto del disperato tentativo di superare le divergenze all’interno della maggioranza attraverso un vistoso equilibrismo concettuale e lessicale.
di Filippo Nesi
Si ribadisce che “questa riforma non può considerarsi conclusiva, vista la logica di pacchetto già ribadita dal Parlamento”. La logica di pacchetto, però, vale unicamente per il Parlamento italiano e non ha (né può avere) alcuna valenza vincolante sul tavolo del Consiglio europeo, dove una risoluzione firmata si intende come conclusiva.
In particolare, ci sembra che questi due enunciati siano non semplicemente contraddittori, ma mutualmente esclusivi. E cioè si impegna il governo a:
a) “finalizzare l’accordo politico raggiunto all’eurogruppo e all’ordine del giorno dell’eurosummit sulla riforma del trattato del MES” e contemporaneamente
b) “sostenere la profonda modifica del patto di stabilità e crescita prima della sua reintroduzione, la realizzazione dell’Edis, il sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari, e anche un processo che superi il carattere intergovernativo dello stesso MES”.
In sostanza, si chiede di modificare un trattato nel momento stesso in cui lo si firma. Il che farebbe ridere, se non fosse semplicemente un’acrobazia da equilibristi per non dire apertamente che con il voto favorevole di domani la maggioranza autorizza il governo a firmare la riforma del MES. Va da sé che l’Italia non otterrà alcuna promessa di cambiamento su Efis, PCS e resto del pacchetto.