A sostenere che l’Italia e la sua economia fossero molto più in salute prima dell’introduzione dell’euro sono in tanti. Dal mondo della politica, passando per quello accademico, tutti afferenti all’area cosiddetta euroscettica.
In sostanza la tesi di fondo di questa particolare corrente di pensiero affermerebbe che l’introduzione dell’euro, moneta forte e sopravvalutata rispetto alla precedente lira, avrebbe fatto perdere posizioni all’Italia sia in termini di esportazioni che in termini di domanda interna e quindi di produzione industriale.
I Premi Nobel che criticano l’euro
Tra le voci più autorevoli nel mondo euroscettico si può citare il Premio Nobel per l’economia Paul Krugman che, nel lontano 1999, ebbe a dire:
“Adottando l’euro , l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”.
Come non citare un altro grande economista come Joseph Stiglitz che senza troppi mezzi termini dichiarò:
“Questa crisi, questo disastro è artificiale e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: l’euro”.
Ancor più esplicita è stata poi la presa di posizione di Amartya Sen:
“L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa”.
“Italia quarta potenza”, così titolava il Corsera nel 1991
Mai però ci saremmo aspettati di vedere, in un certo senso, confermate tutte queste affermazioni dalle pagine del Corriere della Sera. Proprio il “giornalone” mainstream che oggi è su posizioni più che favorevoli per l’euro, nel 1991 esaltava l’economia italiana, che a quei tempi vantava ancora la sua moneta nazionale la lira.
Italia quarta potenza
Così titolava il Corsera all’alba di Tangentopoli e di Maastricht. E affermava il vero visto che l’Italia aveva appena superato il Regno Unito come potenza industriale. E il debito pubblico di allora? Era circa al 100% del Pil, poco più basso di oggi. Eppure il Corriere non lanciava allarmismi di sorta.