In attesa di capire se e quanto ci sia di vero nelle indiscrezioni sui finanziamenti alla fondazione Open, è impossibile ignorare un fatto editoriale di enorme portata: il disconoscimento dell’ex astro nascente (Renzi) da parte di Repubblica.
di Giuseppe Masala
Fanno davvero impressione le cronache in merito alle vicende relative al finanziamento della Fondazione Open legata a Matteo Renzi. Secondo la Repubblica – che avrebbe letto carte relative all’inchiesta – l’avv. Bianchi pare invitasse i facoltosi partecipanti alle cene da mille euro a coperto, organizzate da Renzi, a versare un obolo per avere un incontro privato con l’allora Presidente del Consiglio ed esporgli le situazioni che ritenevano di loro interesse.
L’obolo richiesto non era a piacere ma era fissato in centomila euro. Pare, sempre secondo la cronaca di Repubblica, che Renzi – previo versamento della cifra pattuita – sia intervenuto in favore dell’imprenditore autostradale Toto e di altri non meglio specificati. Ora è difficile stabilire se siano concretamente ravvisabili dei reati in questa situazione, ma a ben vedere la questione non è poi così dirimente.
Ciò che sicuramente si rileva è che questo modo di fare politica è tipico del sistema americano dove, di fatto, a comandare sono le lobby dei danarosi e le multinazionali in grado di influenzare i politici con le loro “donazioni”. Lì la democrazia è di fatto una superstizione e Renzi ha provato a portare questo modello anche qui in Italia. Quello che comunque più mi stupisce – e soprattutto mi fa pensare che ci siano cose a noi sconosciute – è l’asfissiante fuoco di sbarramento posto in essere dal Gruppo “L’Espresso-La Repubblica” che tutti i giorni sta sfornando articoli terrificanti sul caso in questione.
Ricordo ancora quando nelle sue omelie domenicali Scalfari paragonava la stella nascente fiorentina a Balzac con articoli zuccherosi al limite del servile. Noto che dallo zucchero al cianuro il passo è davvero breve. Quando si cade in disgrazia l’amico di prima non solo rinnegherà l’amicizia prima che canti il gallo, ma se gli capita l’occasione non mancherà di piantare una coltellata alla schiena del vecchio sodale.
Leggi anche:
Da prestanome a statista: come i liberal hanno cambiato idea su Conte