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Anniversario della caduta di un giovane

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Tra le varie morti degli anni di piombo in quelle più strazianti sicuramente annoveriamo l’assassinio dei fratelli Mattei, Virgilio e Stefano, bruciati vivi, ma non è trascurabile nemmeno quella di Sergio Ramelli, di cui oggi ricorre l’anniversario. Nei tempi recenti, consegnate alla storia le guerre civili dell’Italia si può finalmente parlare col cuore in mano e in tutta onestà intellettuale degli assassinii che in nome di queste si sono perpetrati, e tra questi quello di Sergio Ramelli è senz’altro uno dei più truci.

E’ vero che in molti ancora non riconoscono l’effettiva esistenza di una guerra civile nella nostra penisola, in particolare nell’Alta Italia, ma una guerra del genere innegabilmente ivi si consumò lacerando in tre anni tessuti famigliari che non si sarebbero più ricuciti. Si può dire, senza correre il rischio di semplificare troppo, che gli strascichi di questa guerra negata si sono presentati sulla tavola di una storia apparecchiata, in un paese di vinti, da un manipolo di vincitori che sono saltati sul carro della vittoria al momento giusto. Tale tavola imbandita non accontenta però tutti: anzi essa ha fatto da propulsore ai terribili Anni di piombo, quegli anni Settanta e primi anni Ottanta nei quali non era raro vedere persone andare in giro armate per una lotta tra giovani che si è consumata nelle scuole, nelle strade e nelle università.

Qualcuno, vittima prediletta dell’odio estremista, spesso qualche giovane indifeso come Sergio Ramelli, diciannove anni ancora da compiere, ha lasciato sul selciato vita e sogni di libertà. Sì, perché Sergio non era un terrorista, ma un giovane studente valente che faceva parte di un partito, il Movimento sociale italiano, che annoverava tra le sue fila molti personaggi di destra, nell’alveo di una formazione politica unitaria che i giovani che oggi si ritengono “di destra”, missini, o postfascisti non potranno mai vedere. Solo per la commemorazione di coloro che sull’asfalto hanno lasciato le loro ambizioni, le loro piccole paure e i loro desideri è possibile vedere qualche riunione di questo ambiente lacerato, oppure anche in occasione dei funerali di politici che abbiano partecipato alla vita di questa importante formazione politica. (Si veda il recente funerale di Teodoro Buontempo). L’opposizione del Msi non è stata un’opposizione ignorante e sibillina, bensì costruttiva e coerente, nell’alveo della tradizione e ambasciatrice dei principi di Dio, Patria e Famiglia. In questi principi Sergio Ramelli credeva, e per essi attaccava manifesti. La sua pecca, se tale si può definire, è stata spendersi per una formazione politica all’epoca di minoranza.

La storia probabilmente chi viene a leggere questo articolo già conosce, ma è bene ricordarla, anche questa, ad perpetuam rei memoriam.

Erano gli anni di “Uccidere un fascista non è reato” o di “Se vedi un punto nero spara a vista:o è un Carabiniere o è un Fascista”, ma anche di “Ora e sempre,resistenza !”. Erano gli anni non certo “formidabili” come qualcuno ha invece scritto . E dove purtroppo “la meglio gioventù” ghettizzava altra gioventù. Erano gli anni in cui una famiglia normale fu colpita da una tragedia immane. Sergio era nato il 6 luglio 1956,undici anni dopo la fine della guerra. Giocava al pallone e tifava Inter. Gli piaceva Celentano. Portava i capelli lunghi e non amava il barbiere. Aveva un motorino,un Ciao. E si iscrisse all?Istituto Tecnico Molinari a Milano perché amava la matematica e la chimica. Anzi,avrebbe voluto laurearsi in chimica. Era bravo,e spesso passava i compiti ai compagni di scuola; generoso, allegro, mai uno screzio.

Aveva una ragazza, Flavia. L’ultimo anno di scuola si venne a sapere che Sergio era di Destra,che frequentava il Fronte della Gioventù ed il MSI. E fu l’inizio di un calvario. Come risulta dagli atti del processo contro i suoi assassini,Ramelli fu più volte prelevato a forza dalla sua classe e minacciato. In seguito, in data 13 gennaio 1975 venne circondato in strada da 80 studenti e costretto a cancellare alcune scritte apparse sui muri del Molinari. A scuola scrisse un tema contro le Brigate Rosse:e questo fu la sua condanna. A fine gennaio il fratello Luigi,scambiato per Sergio,fu aggredito da due giovani con chiavi inglesi. Il 3 febbraio ,mentre si recava a scuola col padre per presentare domanda di trasferimento ad altra scuola, venne costretto a passare nel corridoio dell’istituto tra due file di “compagni”, venne insultato e colpito, tant’è che svenne. Il Preside ed alcuni professori che scortarono padre e figlio fino all’uscita,vennero a loro volta malmenati. Il 9 marzo Sergio e Luigi vennero assediati per mezz’ora in un bar di viale Argonne da una ventina di “bravi ragazzi” con bandiere rosse.

Anche un altro giovane di Destra del Molinari,Claudio N.venne picchiato e costretto al ritiro. Infine, a coronamento del tutto, alle ore 13 del 13 marzo 1975, mentre appoggiava il motorino in Via Paladini , la vile aggressione: il “cosiddetto” servizio d’ordine della Facoltà di Medicina di Avanguardia Operaia lo circondò e lo colpì sulla testa con grosse chiavi inglesi, quelle Hazet 36 (fascio dove sei?, diceva un altro slogan) allora tristemente famose. Ricoverato al Policlinico, alternò momenti d’incoscienza a brevi momenti di ripresa, fino a morire il 29 aprile. Mentre Sergio era in coma, anche Luigi venne nuovamente minacciato. Il giorno prima della morte ci fu un corteo di “antifascisti” sotto casa Ramelli, con scritte e manifesti pieni di minacce. Poi ci furono funerali quasi vietati, con i partecipanti costretti ad arrivare alla spicciolata, tutti fotografati dai compagni per un vero schedario che venne ritrovato mesi più avanti; il corteo impedito,il consigliere comunale missino Staiti ed alcuni ragazzi fermati dalla polizia, altri spintonati, un prete minacciato d’arresto perché protestava. Questa la storia di allora:poi vi fu un processo dove gli assassini furono tutti condannati. Brave persone,si diceva . Certo, chi studiava Medicina come faceva a sapere l’effetto di una Hazet 36 calata con forza ripetutamente su una testa ? Ora sono tutti fuori,brave persone,con famiglia e figli?.

La storia non deve essere dimenticata anche perchè c‘è ancora molta gente che odia e che scrive sui muri, oggi come allora , Tutti i fascisti come Ramelli,con una riga rossa tra i capelli”.’

In conclusione, riportiamo un passo di “Così parlò” sull’Eternità del ritorno. Questa lunga strada che conduce all’indietro è lunga una eternità. E quest’altra che conduce fuori, laggiù, essa è un’altra eternità. […] “Tutto ciò che è diritto mente”, mormorò il nano in tono di spregio. “Ogni verità è curva, il tempo stesso è un circolo”. “Spirito della gravità!” dissi corrucciato. “Non risolvere il problema con tanta facilità! altrimenti ti lascio lì accoccolato dove stai ora, storpio che non sei altro, e ti ho pure portato in alto! Vedi questo Istante!”  Ripresi a dire: “da questa porta che si chiama Istante una lunga strada che non finisce mai corre all’indietro; dietro a noi scorre un’eternità. Non credi tu che tutte le cose che possono correre abbiano dovuto passare già una volta per questa strada! E tutte quelle che possono accadere debbono essere già accadute, fatte, trascorse una volta! 

Sergio vive.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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