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Le bugie su Perlasca ospitate dal Corsera

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Oggi leggendo il giornale con più alta tiratura in questo paese, il Corriere della Sera, ci si può imbattere, a pagina quarantuno, nell’articolo di Andrea Nicastro dal titolo “Quello schiaffo al mito Perlasca”. Già il titolo fa trasparire una faziosità mica male, trattandosi, nel caso di Perlasca, di un EROE NAZIONALE che dovrebbe essere festeggiato in un giorno specifico sul calendario, e che dovrebbe essere oggetto di esaltazione da parte della religione cattolica, oltreché da parte di quella ebraica.

Chi scrive stamattina sul presto era in biblioteca e sfogliando le pagine del su citato quotidiano ha subito la spiacevole sensazione di sentirsi risalire latte e biscotti.

Raoul Wallemberg

Questo articolo dice spudoratamente il falso: Giorgio Perlasca non ha rivendicato con veemenza la sua eroica partecipazione alla salvezza degli ebrei ungheresi.  (Così Nicastro vorrebbe far credere, dando spazio allo scrittore spagnolo Arcadi Espada). A fine guerra ha provato ad accennare di avere salvato qualche migliaio di persone, venendo preso sul ridere, e se n’è fatto una ragione senza cercare le giuste glorie che si meritava.

Se il mondo ha potuto conoscere le azioni straordinarie e rischiosissime di Perlasca è perché un gruppo di ebrei salvati dal nostro eroe e rifugiatisi in Usa, a distanza di quasi mezzo secolo ha sentito come un dovere morale quello di andare alla ricerca di quell’uomo che, unico tra i tanti, rischiando la propria vita, li aveva salvati. Solo questo ha consentito al mondo di conoscere la sua storia.

Giorgio Perlasca era fascista, come gran parte della popolazione italiana (cosa che fa sempre bene ricordare), e non ha mai negato la sua appartenenza di fede al movimento fascista in quel periodo della sua vita. Eppure, di fronte allo sterminio degli ebrei, capì senza indugi da quale parte doveva stare. E’ questo un motivo sufficiente per sputare sulla figura di un eroe che ha salvato migliaia di vite umane nel modo che sappiamo? Forse certi scribacchini preferirebbero, per pura pace pseudo-intellettuale loro, che Perlasca non avesse fatto la scelta miracolosa di salvare cinquemila anime dalle pene dell’inferno rischiando lui stesso il campo di sterminio, così almeno oggi potrebbero scrivere che un fascista si è comportato in tal modo: l’apparente contraddizione non dà in realtà adito a scusanti al regime fascista, ma fa capire alle persone coscienziose che prima delle ideologie e degli schieramenti vi sono le persone, i sentimenti, il comune appartenere alla razza umana. Eppure le partigianerie limitanti dei patrioti della penna dall’inchiostro rosso sono così evidenti e si palesano in quest’occasione più odiose che mai.

Giorgio Perlasca a Yad Vashem

Fu grazie alle entrature che aveva con il regime franchista che Perlasca riuscì ad obbligare la legazione spagnola ad emettere passaporti intestati a ebrei ungheresi trasformandoli, di fatto, in cittadini spagnoli.

Con questo sistema riuscì a salvare moltissimi ebrei trasferendoli nelle ‘case protette’, stessa tecnica utilizzata da Raoul Wallemberg, il Perlasca svedese altro eroe della lotta contro i nazisti a Budapest. Purtroppo fu rapito dai sovietici dopo la caduta del nazismo e scomparì in un gulag.Giudichiamo indecente che un quotidiano come il Corriere della Sera dedichi quasi una pagina intera ad una simile vergognosa menzogna che fa di Perlasca un pavone che non solo si è vantato delle sue gesta (cosa mai accaduta), me che altresì si sarebbe attruibuito meriti che non aveva. Invitiamo, come altre testate stanno facendo nella giornata di oggi, i lettori a scrivere al direttore Ferruccio De Bortoli per protestare: lettere@corriere.it

Non si può dare spazio ad un editorialista che smonta il ruolo di Perlasca a favore dell’ambasciatore spagnolo che, per quanto venne in aiuto di Perlasca (ed è annoverato tra i Giusti tra le nazioni) se la diede poi a gambe quando la situazione si fece più “calda”…

Un estratto per farvi capire di cosa stiamo parlando:

Per l’autore spagnolo di En nombre de Franco, «Nel nome di Franco», appena pubblicato a Madrid per i tipi di Espada, non è mai esistito uno Schindler italiano. Nella Budapest impazzita della violenza nazista il vero Schindler era spagnolo. Giorgio Perlasca, l’uomo che compare tra i Giusti di Gerusalemme al Museo dello Yad Vashem, fu sostanzialmente un millantatore, un eroe postumo, costruito a tavolino cinquant’anni dopo i fatti, sfruttando la scomparsa di ogni altro protagonista. Uno che si appropriò di meriti altrui per costruire il proprio monumento. Monumento che Espada smonta pezzo a pezzo, ingaggiando per oltre metà libro un confronto diretto con l’italiano e la sua versione dei fatti.Il film Rai, Perlasca, un eroe italiano, andò in onda in due serate una decina di anni fa, nel 2002, con ascolti record. L’interpretazione di Luca Zingaretti e la sceneggiatura tratta dalla biografia dell’italiano scritta da Enrico Deaglio ne fecero un successo. Racconta la versione della storia fino ad oggi conosciuta, di un Perlasca fascista, ex volontario nella guerra civile spagnola dalla parte dei franchisti, un uomo che, di fronte al dramma della deportazione e dello sterminio sistematico organizzato dai nazisti, decide di “cambiare campo”. In poche decisive settimane, si spaccia per console spagnolo, compila liste di veri o falsi ebrei sefarditi, salvando così migliaia di ebrei destinati ad Auschwitz. Si è calcolato fossero almeno 5.200. È la stessa figura esemplare che emerge anche dal libro più recente su Perlasca: Un italiano scomodo di Dalbert Hallenstein e Carlotta Zavattiero, edito da Chiarelettere tre anni fa. Un’opera, secondo Espada, vergognosamente apologetica.La storia che ricostruisce l’autore spagnolo è invece molto diversa. Per lui, anche volendo, Perlasca non avrebbe potuto avere quel ruolo di punta che si attribuì. Non parlava ungherese né tedesco e per convincere gli aguzzini a rilasciare gli ebrei prigionieri avrebbe comunque avuto bisogno di un interprete, che invece non cita mai. Secondo Espada, l’uomo chiave per le trattative era nei fatti Zoltán Farkas, avvocato ungherese dell’ambasciata spagnola, padrone sia delle lingue necessarie sia delle conoscenze legali per scavalcare gli ostacoli burocratici e formali che sorgevano ad ogni retata, perquisizione, arresto. Ma soprattutto la mente del salvataggio dalla deportazione fu Ángel Sanz Briz, ambasciatore spagnolo in Ungheria, già tra i Giusti delle Nazioni dagli anni Sessanta proprio per questo suo ruolo.«Il diplomatico spagnolo ? sostiene Espada ? fu colui che permise all’ambasciata in Ungheria di lavorare a favore degli ebrei, di fornire passaporti e lasciapassare. Perlasca, da solo, non avrebbe potuto fare nulla. Chiariamoci: l’italiano resta un eroe, perché decise di restare a Budapest in giorni pericolosissimi. Di certo aiutò gli altri funzionari. Magari anche solo procurando il cibo necessario. Però non fu l’eroe solitario che volle far credere. Per quanto si spacciasse per un Zelig superdotato, che tiene testa a politici e miliziani assieme, non ne aveva le capacità». Anche quando l’ambasciatore lasciò la sede, erano i suoi funzionari a trattare con le autorità filotedesche, racconta Espada, documenti alla mano. Anzi, siccome da buon diplomatico Sanz Briz obbedì agli ordini del suo governo, è corretto affermare che è stato il dittatore Francisco Franco a salvare gli ebrei. Tesi ardita? Macché, fu soltanto una scelta di fredda Realpolitik. «È ormai storia ? spiega Espada ? il telegramma che José Félix de Lequerica, il ministro degli Esteri del Caudillo, inviò all’ambasciatore in Ungheria. Fu Madrid a ordinare di proteggere il maggior numero possibile di ebrei. Franco sapeva che la sconfitta di Hitler era vicina e voleva ottenere il favore dell’opinione pubblica americana attraverso l’aiuto del Congresso mondiale ebraico. Di fatto ci riuscì: le colonne di tank americani non scavalcarono i Pirenei. L’anomalia di un governo fascista nell’Europa democratica venne accettata anche grazie all’aiuto fornito dalla diplomazia spagnola agli ebrei condannati ai campi di sterminio». In fondo Perlasca fu più fedele alla sua biografia di quanto, dopo, volle far credere e aiutò il franchismo come aveva fatto nella guerra civile.

Freddie

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Di Redazione Elzeviro.eu

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