Home / Affari di Palazzo / Politica interna / Kyenge fa istigazione a delinquere?

Kyenge fa istigazione a delinquere?

Condividi quest'articolo su -->

Del neoministro per l’integrazione Cécile Kyenge abbiamo a più riprese avuto modo di parlare per quanto riguarda la sua manifestata volontà di introdurre il jus soli nel nostro ordinamento, rendendo italiani tutti gli uomini nati sul suolo patrio. Non paga di queste esternazioni non condivise dalla maggioranza degli italiani, il primo ministro subsahariano della storia della Repubblica ha pubblicamente professato, cosa alquanto grave, l’abolizione del reato di clandestinità, ancora in quell’ottica di eliminazione delle barriere all’insegna del meticciato universale. Tra le varie allegazioni a queste teorie bizzarre non è ignorabile, secondo Kyenge, (ex Ds) il fatto che l’Italia si qualificherebbe ormai come meticcia.

Il già presidente del Senato Schifani ora è entrato in una funzione totalmente diversa da quella che ricopriva precedentemente, al momento, da capogruppo del Pdl in Senato egli ha un ruolo eminentemente politico e meno istituzionale: come reazione alle esternazioni ripetute da Kyenge invita a evitare “proclami solitari, senza che gli argomenti siano discussi e concordati in un ambito collegiale”.L’esternazione solitaria di taluni ministri ideologi va probabilmente a minare la stessa tenuta del Governo, qualora non attenga nemmeno, come per ciò che riguarda il reato di clandestinità, il dicastero dell’esternante. Il reato di clandestinità e una sua eventuale revisione è infatti di competenza del ministro dell’Interno, guidato oggi dal vicepremier Alfano.

Kyenge, come da foto, si dimostra però più ardita nelle sue considerazioni, assumento un comportamento di dubbia liceità: ella regge uno striscione ov’è scritta la frase “La clandestinità NON è reato!” A costo di essere pedanti, è necessario smentire quest’affermazione che potrebbe essere presa alla lettera da molti che volessero intraprendere un viaggio nel nostro paese senza i dovuti permessi o facendoli spirare come ha fatto più del 60% degli attuali clandestini registrati in questo paese e ivi trasferirsi (e magari proliferare nuovi italiani grazie al jus soli). Nell’agosto del 2009 nel nostro paese è entrato in vigore il reato (solamente contravvenzionale) di immigrazione e soggiorno illegale, reato già previsto in ordinamenti giuridici di altri stati europei quali ad esempio Gran Bretagna, Francie e Germania, pur con varie differenze da nazione a nazione.

Negli stati citati per tale reato sono previste anche pene detentive mentre la legge italiana prevede solamente una pena pecuniaria (dai 5000 ai 10.000 euro). Il reato, molto discusso, apre ad un processo anche se vigerebbe altresì la possibilità di espulsione immediata, di cui purtuttavia non ci giunge voce di pratica allo stato delle cose.

Ora, come ben chiaro Cécile Kyenge espone uno striscione che dice che una legge dello Stato configurante reato in realtà non esiste. Vero è che ignorantia legis non excusat, ma se un ministro della Repubblica manifesta pubblicamente la sua contrarietà ad una legge (comportamento lecito) in modo illecito, dicendo che tale reato in realtà non è, questo comportamento ben può istigare a delinquere qualche persona che, vedendo da fonte tanto autorevole il riconoscimento della non perseguibilità della clandestinità, è spinta a consumare il reato ad oggi previsto dalla legge. Ecco che il comportamento di Kyenge, aggravato dalla sua funzione pubblica, appare ricalcare quello della fattispecie di cui all’articolo 414 del codice penale: l’ Istigazione a delinquere. Tale articolo così recita:

Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione:1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; (non sarebbe il nostro caso, essendo il reato di immigrazione clandestina, allo stato dei fatti, solo una contravvenzione)2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.Alla pena stabilita del n. 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti.Fuori dei casi di cui all’articolo 302, se l’istigazione o l’apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità la pena è aumentata della metà.L‘articolo 61 del codice penale, poi, ci dà una rassegna delle aggravanti comuni, tra le quali ravvediamo la possibile concomitanza con la numero Nove:  aver commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto.

A voi il giudizio ultimo.

Condividi quest'articolo su -->

Di Redazione Elzeviro.eu

--> Redazione

Cerca ancora

La furia cieca e lo stridor di denti della sinistra sconfitta

Dopo il successo clamoroso di “Fratelli d’Italia” si scatena nel paese la furia scomposta di …