La differenza

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Un agile paragone tra le parole di Schifani e quelle di Grillo.

Se B. verrà condannato, il Pdl lascerà il Governo”, questa la frase di Schifani, capogruppo dei Senatori del Pdl a fronte della anticipazione (rispetto ai tempi ordinari della Cassazione) dell’udienza sul processo Mediaset presso la Suprema corte. Il Pdl si delinea sempre più come un “partito” legato a doppia corda ai destini del suo leader, con tanti politicanti che da costui dipendono completamente: fa un po’ effetto la timida ritrosia con cui Gasparri sconsiglia di mutare il nome del Pdl in Forza Italia (ma comunque si adeguerà, aggiunge l’ex missino).

Il comportamento del Partito democratico è come al solito ambiguo e addirittura ha assecondato la sospensione dei lavori dell’aula, già così spesso poco affollata in questo mese di luglio, a causa delle proteste inscenate dal Partito-azienda berlusconiano.

La frase di Schifani è da porre a fianco alle esternazioni di Beppe Grillo che è sconvolto per lo stallo istituzionale tanto quanto il suo movimento, che ieri ha messo in scena una protesta formale (i parlamentari si sono levati giacca e cravatta) e successivamente di piazza.  Il suo sdegno Beppe Grillo lo ha manifestato nella giornata di ieri anche al Presidente della Repubblica, che gli ha magnanimamente concesso udienza. Paragonare quando detto da Schifani con quanto urlato ieri da Grillo “se l’Aula continua a non far nulla il M5s lascia il Parlamento” fa ben intendere come il radicamento delle poltrone da parte del Pdl (che ha un numero di parlamentari inferiori rispetto al M5S) non possa nemmeno permettere loro di abbandonare il Parlamento (né di minacciare di abbandonarlo), né pertanto di mettere in scena una protesta credibile. L’unica conseguenza che il Pdl può cercare di raggiungere minacciando le sue dimissioni dal Governo è che il Partito democratico continui ad essere succube degli affaracci di Berlusconi; ma una protesta credibile resta solo, al momento, quella dei grillini.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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