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E’ successo la scorsa notte, a cavallo tra il 23 e il 24 febbraio, quando il canile Enpa di via Germagnano 8 a Torino ha subito l’ennesimo atto vandalico. La struttura si trova nella periferia della città, aldilà del fiume Dora, vicinissima al campo nomadi li presente dal 2004.
L’atto vandalico è fine a se stesso perché ovviamente all’interno della struttura non c’è nulla da rubare: sono state infatti sfondate tutte le porte del seminterrato, sono stati forzati cancelli e armadi ed è stata sfondata e svuotata la macchinetta degli snack (unici oggetti rubabili). Anche la cucina ha subito rilevanti danneggiamenti e la carne contenuta è stata lanciata a casaccio verso i cani, scatenandone una rissa.
Alcuni animali, più anziani, sono stati ritrovati terrorizzati in seguito a quanto avvenuto.
Non si sa chi sia effettivamente l’autore di questo vile attacco, tuttavia i volontari dell’Enpa sono sicuri nel puntare il dito contro i nomadi del campo rom confinante, i cui “residenti”, sono stati soliti in passato rendersi protagonisti di queste piratesche scorribande, il cui unico fine è quello di arrecare danni al prossimo (anche perché non crediamo che l’Enpa possegga ricchezze da rubare).
Tutto ciò avviene in una settimana cruciale, in cui si dovrà decidere circa il referendum proposto dalla Lega Nord sul la possibilità di sgombero dei campi rom collocati nel territorio cittadino. Poco lungimiranti, o poco informati, gli zingari hanno deciso di sponsorizzare le loro attività ai cittadini in questa maniera, così che chi avesse ancora qualche dubbio sulla loro volontà d’integrarsi, potrebbe finalmente scioglierlo.
Nel frattempo la cooperativa Selarom, che ancora invitiamo a rendere visibile sul web la propria struttura, la propria organizzazione e i suoi intenti, continuerà a gestire i 5 milioni di euro erogati dal comune per sostenere i rom torinesi. Sarebbe ora doveroso gesto di Selarom devolvere parte dei soldi ricevuti all’Ente nazionale per la protezione animali affinché vengano risarciti i danni della struttura di via Germagnano 8.
