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TORINO – L’emergenza abitativa sta diventando una grave problematica in questo contesto di crisi economica. In uno Stato che non agevola la burocrazia nell’assegnazione delle case popolari, creando attese e code infinite, molti cittadini si ritrovano a non poter più permettersi il costo di una casa. E’ così che ieri mattina alcune famiglie italiane sfrattate nel capoluogo piemontese (poco più di dieci persone, tra cui anche 3 bambini e un anziano dializzato) hanno deciso di abitare una struttura comunale.
L’edificio in questione è l’ex dormitorio di via Traves 7 (vicino allo Juventus Stadium), che era in realtà destinato ad ospitare zingari provenienti dai campi nomadi, in particolare quello di Lungo Stura Lazio. Questa concessione in capitolato d’appalto è frutto di una recentissima delibera del Consiglio Comunale e di un’iniziativa delle cooperative sociali SELarom. L’occupazione di ieri è stata supportata dal movimento Soccorso Tricolore, già conosciuto per l’iniziativa OSA Lingotto, e da Maurizio Marrone, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, da sempre vicino alle emergenze abitative.
Il Comune ora si trova di fronte a un bivio: sfrattare gli italiani o rivalutare il piano abitativo rom? Il paradosso c’è, anche perché il Comune finora ha chiesto 100 euro annuali di canone per tutta la struttura (25 posti) alla cooperativa SELarom, mentre per i classici social-housing destinati agli italiani vengono chiesti 300 euro mensili per un solo bilocale, dietro la garanzia di una busta paga minima di mille euro mensili! Ma se una persona guadagna già mille euro perché dovrebbe rivolgersi al social housing?
La Stampa e Repubblica, giornali sempre molto attenti nel dare enfasi alle vicende “umanitarie” dei rom, oggi tacciono sull’argomento. C’è più intenzione di parlare del maltempo piuttosto che delle famiglie senza casa. Che schifo.
