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Torino. Per la Città Metropolitana, ragionevoli le “larghe intese”

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Il Nuovo CentroDestra , con una conferenza stampa convocata da tre suoi esponenti al Consiglio Comunale di Torino (Enzo Liardo, Silvio Magliano e Paolo Greco Lucchina), ha lanciato la proposta di una gestione unitaria della Città Metropolitana.

Per il Consiglio del nuovo Ente, che andrà a sostituire la Provincia, in attuazione della cosiddetta Riforma Delrio, è prevista l’elezione indiretta (con voto ponderato, a seconda della dimensione del Comune rappresentato) da parte dei consiglieri comunali dei 315 Comuni della già Provincia di Torino. Elezioni per liste: si era, quindi, ipotizzata la formazione di una lista di tutto il centrodestra che si contrapponesse a quella di marca Pd e ad un’ipotetica formazione di grillini e No Tav. Vista la netta predominanza dei democratici nelle amministrazioni locali torinesi, assommata alla scarsa capacità di presenza sul territorio del centrodestra, è ben facile immaginare l’esito di questa operazione.

Oggi giunge l’interessante proposta degli alfaniani, che merita di essere presa in adeguata considerazione. Ci si trova, infatti, di fronte alla nascita di un Ente nuovo, di cui va scritto lo Statuto e di cui vanno concretizzate/organizzate le previste competenze. Un momento costituente, che non può non vedere una larga intesa e una sospensione della lotta tra schieramenti: le regole si scrivo per tutti e, possibilmente, tutti insieme.

Come hanno evidenziato i tre consiglieri Ncd, “sono molte e significative le peculiarità della futura Città Metropolitana torinese: l’unica confinante con uno stato estero, la Francia, e la sola che raccoglierà al proprio interno 315 Comuni, di cui oltre 250 sotto i 15 mila abitanti”.

Ci si trova davanti ad una sfida istituzionale più che politica. Qualche tempo fa, lo ha detto con parole puntuali Giorgio Merlo. “Prima di definire gli accordi politici e anche alla luce del sistema elettorale che disciplina la formazione del Consiglio – ha scritto l’ex-deputato – è opportuno non trascurare le modalità concrete di come far “pesare” istituzionalmente di più i territori della provincia. L’avvio della Città Metropolitana cambierà profondamente l’assetto istituzionale degli enti locali. Anche e soprattutto a Torino e provincia. Perché, piaccia o non piaccia, con la città metropolitana rischia di indebolirsi l’area territoriale che è riconducibile storicamente alla “seconda cintura” della provincia torinese”.

Il rischio di “torinocentrismo” può essere battuto proprio solo con un superamento del “bipolarismo muscolare”, che – tra l’altro – rischia di soffocare le peculiarità civiche dei Municipi.

Ricordava bene, all’avvio del percorso, l’ex-Presidente della Provincia, Antonio Saitta: “il nuovo Ente non potrà essere un grande Comune: dovrà continuare ad esercitare competenze di area vasta, che riguardano tutto il territorio. Dobbiamo ribadire l’esistenza di una connessione forte fra Torino e gli altri Comuni, perché abbiamo tutti l’interesse a stare insieme e a non marginalizzare nessun territorio. Abbiamo la fortuna di avere un Comune capoluogo forte, con competenze e risorse strategiche e un ruolo forte nel garantire servizi all’intero territorio. Abbiamo tutti bisogno di Torino e Torino ha bisogno dei poli urbani e dei piccoli Comuni presenti nel territorio circostante, per rafforzare un sistema policentrico forte”.

Non si può, quindi, superando le irresponsabili logiche da tifosi, non considerare ragionevole la proposta del Ncd.

Marco Margrita
@mc_margrita

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Di Redazione Elzeviro.eu

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