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Per l’ANPI le vittime delle foibe non hanno dignità di ricordo

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I ventimila e più cittadini italiani residenti in Venezia Giulia che, tra il 1943 e il 1945 vennero gettati, spesso ancora vivi, dentro le foibe vicino a Trieste rappresentano soltanto la punta di un gigantesco iceberg rispetto alle decine di milioni di vittime innocenti immolate sull’altare del Comunismo. Non ce ne vogliano i parenti degli altri milioni di vittime innocenti ma questi ventimila sono a noi particolarmente cari perché furono persone dello stesso nostro sangue, nostri compatrioti che ebbero la sola “colpa” di risiedere in un territorio conteso. La loro orrenda fine va ad affiancarsi a quella di tutte le vittime del cosiddetto “terrorismo di stato” dei regimi canaglia che hanno preso piede e possesso violento di nazioni sfortunate, riducendo anche i loro stessi cittadini a sudditi senza diritti e senza identità.

Quello che successe comunque nei territori della Venezia Giulia fu una guerra di “pulizia etnica” a tutti gli effetti, anticipazione di quello che sarebbe successo decenni dopo durante lo stesso conflitto del Kossovo. Una guerra etnica in cui il maresciallo Tito e i suoi “scherani” diedero dimostrazione di quanto la vita umana fosse, e sia tutt’ora, considerata nei regimi comunisti. Regimi senza Dio, impastoiati nel fango del materialismo storico per i quali la vita umana è considerata soltanto frutto di un casuale agglomerato di cellule la cui esistenza ha un senso soltanto se quello stesso agglomerato serve in qualche modo allo stato totalitario  del socialismo reale.La conseguenza di tale mostruoso presupposto è che uccidere tutti quelli che rappresentano un ostacolo alla celebrazione e al trionfo della rivoluzione del popolo, non solo è giustificabile ma addirittura doveroso. Se Dio non c’è a quel punto non esiste neanche una legge che stabilisca quello che è giusto o sbagliato o, meglio, è lo stesso stato a decidere che cosa sia eticamente accettabile e che cosa non lo sia.
Quello che successe in particolare nelle foibe è stato mostruosamente nascosto per decenni con la colpevole complicità di un
PCI che, insieme agli altri partiti della sinistra radicale, fu in grado a cavallo degli anni cinquanta, sessanta e settanta, di esercitare, su una società colpevolmente sottomessa, un predominio, una dittatura culturale, le cui conseguenze nefaste le stiamo vedendo ancora oggi.Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del Nazismo, l’ideologia comunista ha cercato in tutti i modi di mettere piede anche nell’Europa Occidentale e se non ci è riuscita lo dobbiamo in parte alla buona sorte e in parte al quel sacrosanto diritto di voto che ha permesso ai cittadini dotati di una capacità di discernimento di ribellarsi e di opporre il proprio civile rifiuto.

In quegli anni era praticamente proibito anche solo accennare alle vittime dei regimi comunisti per non essere poi sottoposti a pressioni anche brutali e ad infamanti isolamenti sociali. Su tutte le atrocità compiute ai danni dei dissidenti venne calato uno spesso strato di colpevole e complice connivenza che ha reso invisibili i milioni di vittime immolate sull’altare del Socialismo reale. Le varie associazioni paracomuniste che sono sorte nel dopoguerra, tra le quali svetta l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, hanno fatto a gara tra chi riusciva meglio a nascondere e ad affossare la verità, nel tentativo sempre più vano e grottesco al tempo stesso di rendere il Comunismo non solo accettabile ma addirittura come la soluzione ideale per liberare i popoli dalla “tirannia” dell’oppressiva società capitalista. Ci si è quindi scordati che tra le fila dei partigiani ci furono, anche se in minoranza, soggetti tutt’altro che comunisti, come monarchici, liberali, Cattolici che purtroppo finirono col subire le pressioni della maggioranza che riuscì a prendersi tutti i “meriti” della vittoria sui tedeschi.

Il sostenere poi che i Partigiani diedero un contributo decisivo per la vittoria finale, a nostro giudizio, fu il frutto di una mistificazione totale e assoluta della realtà. A vincere la Seconda Guerra Mondiale, anche dalle nostre parti, furono solo e soltanto gli Americani che con il loro strapotere economico-militare riuscirono a piegare una Germania e un Giappone ormai depauperati e sempre più deboli militarmente. L’azione tanto decantata da parte dei Partigiani ebbe solo un’efficacia di carattere, diciamo così residuale, un semplice supporto che non fu in verità mai determinante per gli esiti dello stesso conflitto. Detto questo, uomini come ad esempio il liberale Edgardo Sogno, le cui formazioni partigiane operarono nell’Italia nord occidentale, rappresentano purtroppo soltanto un’eccezione rispetto agli uomini di chiara matrice comunista che finirono per fare la parte del leone.

Nel dopo guerra, quando venne costituita L’ANPI, questa ebbe fin da subito precisi connotati politici che si identificavano con le posizioni del vecchio PCI togliattiano e in questa veste la suddetta associazione ha continuato ad operare e ha organizzato le sue campagne di disinformazione. Omertà potrebbe essere la parola giusta per indicare l’atteggiamento di chi avrebbe dovuto invece rappresentare le istanze più vive e più democratiche di un popolo uscito dagli orrori della guerra e che invece ha fatto solo e soltanto propaganda politica per favorire l’affermazione degli ideali sovietici.

Negli anni passati si è sempre parlato e messo l’accento soltanto sulle vittime del Nazismo e cioè sugli Ebrei il cui ricordo si celebra nel giorno della memoria. Peccato che tale dignità non sia mai stata in precedenza riconosciuta anche ai nostri martiri trucidati dal Maresciallo Tito, criminale di guerra e comunista fino al midollo. Morti evidentemente scomodi per chi ha continuato a sostenere quelle stesse ragioni ideologiche di chi li aveva a suo tempo ammazzati senza pietà. La giornata del ricordo anche per quelle povere vittime, tra le quali ci furono, è il caso di ricordarlo,  anche vecchi,  donne bambini, è stata alla fine, e grazie al cielo, riconosciuta. Questo ovviamente è potuto succedere solo perché il regime sovietico è crollato insieme ai suoi errori e ai suoi orrori e perché la Russia è tornata ad essere uno stato democratico.

Ma evidentemente tutto questo non basta ancora perché la Presidente della suddetta Associazione Partigiani, della sezione di Trieste, Giovanna Stanka Hrovatin, intervistata al GR1 proprio sull’argomento, per lei scomodo, delle foibe, ha semplicemente detto che la colpa di quello che successe fu dei fascisti colpevoli di aver invaso i territori della Jugoslavia. La Hrovatin ha poi aggiunto che quindi è assolutamente inutile ricordare tali vittime per non farci distogliere da problemi evidentemente più pressanti come la disoccupazione giovanile, di cui evidentemente, aggiungiamo noi, la stessa si è fatta splendida paladina.
Insomma il succo del discorso è stato l’invito a scordare le atrocità del passato e le divisioni per occuparci dei problemi ben più gravi della situazione economica attuale, con tanti saluti per chi, sic, venne ucciso per affermare i “diritti” del Maresciallo Tito. Peccato che la stessa encomiabile rappresentante partigiana, che da decenni, appunto, si occupa proprio di esaltare il passato, vada entusiasticamente alle celebrazioni doverose in ricordo dello sterminio degli Ebrei e a quelle ricorrenti delle passate imprese partigiane. Sorge a questo punto spontanea una domanda: ma forse forse per la signora in esame le vittime delle foibe non hanno pari dignità di quelle dei campi di sterminio nazista? Forse per la signora Hrovatin Tito non ha sempre rappresentato un fulgido esempio di eroe nazionale, di combattente per la “libertà” del suo popolo? Non lo sappiamo ma un sospettuccio ce lo abbiamo, se non altro per “facta concludentia“.

Sul fatto che poi la colpa delle foibe andrebbe a ricadere sui fascisti colpevoli dell’invasione dei Balcani, sarebbe da ricordare alla gentile signora che in un caso analogo come quello dell’eccidio delle Fosse Ardeatine ad opera dei tedeschi, chi si permise a suo tempo di sostenere che la colpa dell’eccidio stesso fu anche dei partigiani che fecero l’attentato di via Rasella ben sapendo le conseguenze a cui sarebbe andata incontro la cittadinanza locale, venne tacciato, anche dall’Associazione che lei rappresenta, di revisionismo e di neo fascismo. Come al solito il detto “vae victis” guai ai vinti, sembra dominare ancora le scene della politica nostrana: i vincitori hanno sempre ragione, anche quando scannano senza pietà milioni di innocenti.  

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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