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L’umanesimo in pericolo

La neoclassica scultura Amore e Psiche. Antonio Canova, 1783-97 (Louvre, Parigi)

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Una volta ho visto prendere in mano un libro di letteratura e sentito la domanda:

«Perché devo studiare le cose [il termine era ben più volgare] che hanno detto questi che sono morti ottocento anni fa?»

Andiamo al di là del principium individuationis del particolare episodio. Siamo così sicuri che quanto riportato poco sopra non rappresenti ciò che i più pensano della cultura umanistica? O almeno i giovani, costretti a parafrasare Dante per tutto il triennio del liceo?

Ma a che servirà mai sapere che cosa sia La visione dopo il sermone di Paul Gauguin o l’Oltreuomo nicciano (che nel senso comune, banalizzando, è quello che ha posto l’ideologia base del nazismo) o, ancora, lo Spleen baudelariano? Oltre che a fornire un bagaglio nozionistico (di cui l’Uomo della strada, a meno di partecipare a qualche quiz televisivo, fa anche a meno), a nulla nella vita pratica.

“Pratica”? No, non è l’aggettivo giusto, fa pensare troppo agli operai e ai contadini, al lavoro manuale. Usiamo “tecnica“. Non si pensi che questo articolo serva a denigrare la conoscenza tecnica; anzi, senza medici, ingegneri, operai e quant’altro, oggi non sarebbe oggi (e potrei aggiungere: «sarebbe forse un male?», ma meglio sorvolare). Ma c’è il sospetto che si voglia che la conoscenza sia soltanto tecnica. A chi attribuire questa volontà? Pasolini direbbe il Potere quello con la “P” maiuscola, quello senza volto superiore ad ogni partito e forse allo stesso Stato. Un altro darebbe la colpa alla logica capitalistica e alla necessità di consumare.

Possibile che la tecnica renda le persone incapaci di pensare? Assolutamente no, la non conoscenza di tutta la sfera umanistica sì.

C’è chi direbbe che la filosofia non serve a nulla nella vita. Quando questo qualcuno deve copiare per una ricerca dove va? Su Wikipedia. Essa non è forse la figlia dell’Enciclopedia? E questa non è nata nel ‘700 sotto la spinta della filosofia illuminista?

Perché il signore di cui sopra sarebbe contentissimo di ritrovare un Van Gogh in cantina? Perché vale milioni. Qual è il motivo? Se fosse, a rigor di logica, la verosimiglianza del quadro, Raffaello dovrebbe essere sopra a tutti (trascurando l’Iperrealismo) e Pollock si dovrebbe trovare perfino al supermercato. Invece Van Gogh mette Van Gogh nei suoi quadri e ci fa capire che creare non vuol dire alienare da sé, ma mettere un po’ di se stessi in ciò che si crea.

E l’Oltreuomo che cosa insegna? Il non rispetto delle regole, banalizzando al massimo. Ma non quelle regole da quattro soldi del tipo non ritardare a scuola, bensì le catene sociali che ci impongono di spendere, fare la vacanza al mare tutti gli anni, credere che il mondo sia perfetto così, persino ritenere che il Progresso sia sempre e in ogni caso un bene.

Infine lo spleen, chi non lo ha mai provato? Non è forse confortante scoprire nelle parole di un poeta proprio quel sentimento che spesso ci affligge? Almeno riuscire a dargli un nome?

Eppure Qualcosa sta operando per levarci tutto questo. Basta tenere d’occhio i licei italiani dove la Storia dell’arte e la filosofia sono trattate alla stregua di un laboratorio opzionale (per non parlare della misera ora di Religione) e la Letteratura soffre invece di un programma così vasto che è già un gran traguardo fare all’acqua di rose Montale e Ungaretti.

Al di là dei casi particolari sopra esposti, l’arte (comprendente anche poesia, musica, danza, teatro etc…) e la filosofia formano un coscienza critica, quella che una vastissima conoscenza della matematica (o qualsiasi altra conoscenza tecnica), unicamente da sola, non fornirebbe. E mai quanto oggi abbiamo tutti bisogno di saper pensare con la nostra testa.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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