Problemi in vista per Zuckerberg
Ma questa volta non si tratta di sanzioni o complicazioni legate alla protezione dei dati. Questa volta il problema viene dall’interno di Facebook, ovvero dai dipendenti stessi. Nelle ultime ore, un gruppo di circa 250 lavoratori ha scritto e firmato una lettera di protesta, contro i cambiamenti legati alla pubblicazione dei post.
I dipendenti avrebbero pubblicato la loro petizione in un forum interno e solo il New York Times ne avrebbe ottenuto l’accesso. Come riportato dal quotidiano statunitense, i dipendenti avrebbero fatto sentire la loro voce dopo aver appreso dal CEO del social network, che i post dei politici non dovranno essere più sottoposti al fact-checker.
Ma cos’è il fact-checker?
Ogni notizia, ogni post e ogni contenuto prima di essere pubblicato viene sempre e comunque sottoposto a controlli, al fact-checker per l’appunto. Un team composto da esperti incaricato dallo stesso Facebook si occupa proprio di questo: visionare, verificare e decidere cosa è o meno lecito. La scintilla che ha innescato la rivolta dei dipendenti è legata ad una decisione presa da Zuckerberg, annunciata nel congresso svoltosi qualche settimana fa.
Proprio in questa occasione, avrebbe affermato che i politici non saranno sottoposti al fact-checker, perché sarà il popolo stesso a dover decidere se dargli o meno credibilità. Le varie pubblicità e campagne elettorali, non verranno passate sotto la lente d’ingrandimento, ma pubblicate direttamente così come sono state scritte. In breve, qualsiasi politico potrà pagare le inserzioni sul social network e potrà scrivere ciò che gli pare.
Tutto questo risulta perfettamente lecito agli occhi di Zuckerberg
Ecco il cuore della lettera scritta dai 250 dipendenti (comunque in netta minoranza rispetto ai 35000 totali), cos’ come riportata dal New York Times.
“La libertà di espressione e quella di pagare per spargere un messaggio non sono la stessa cosa. Le nostre attuali politiche in materia di controllo dei fatti per le cariche politiche rappresentano una minaccia per ciò che rappresenta FB. […] Siamo fortemente contrari a questa politica così com’è. Non protegge le opinioni differenti, ma consente invece ai politici di usare la nostra piattaforma come un’arma, prendendo di mira le persone che credono che i contenuti pubblicati da personaggi politici siano affidabili.”
Facebook, per ora ha ribattuto con questa dichiarazione:
“Rimaniamo impegnati a non censurare i discorsi politici e continueremo a esplorare ulteriori passi per portare maggiore trasparenza agli annunci politici.”
Nonostante questo tuttavia, i dipendenti non si sono placati, insistendo sui principi base del social network, ma soprattutto su ciò che regola le campagne elettorali. Un esempio di proposta per arrivare ad un logico compromesso potrebbe essere, secondo i lavoratori, quello di limitare la spesa pubblicitaria di ogni singolo politico o candidato: in modo da garantire un’equa ripartizione delle inserzioni.
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