Home / Affari di Palazzo / Salvini stacca la spina: ecco come la Lega ha tradito gli elettori

Salvini stacca la spina: ecco come la Lega ha tradito gli elettori

Condividi quest'articolo su -->

Alla fine è giunta al termine la breve esperienza del cosiddetto Governo del cambiamento.

Il vicepremier e Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha infatti deciso unilateralmente di staccare la spina all’esecutivo gialloverde.

Tutto sembra essere successo nella giornata di ieri, quando il leader della Lega (ancora per l’Indipendenza della Padania) dopo aver incontrato il premier Giuseppe Conte, ha diramato una nota in cui dichiarava apertamente la rottura con l’alleato di Governo. Secondo la versione fornita da Matteo Salvini il pomo della discordia sarebbe stata la votazione sulla mozione dell’Alta velocità, a cui i 5 Stelle hanno votato in maniera sfavorevole.

L’Italia non può sopportare altri no, si facciano un esame di coscienza i 5 stelle sui troppi no ideologici detti in questi mesi: basta si vada al voto

In realtà la spaccatura di Governo sulla TAV non sembra essere ragione sufficiente per giustificare la decisione improvvisa del Ministro degli Interni.

La mozione sull’Alta velocità ha infatti ottenuto la maggioranza in Senato e non avrebbe creato particolari problemi in seno alla maggioranza se non la possibilità di un rimpasto di alcuni ministri, tra cui Danilo Toninelli. Anzi, considerata la storica e sempre sbandierata ostilità alla TAV da parte del Movimento 5 Stelle sarebbe stato impensabile, e scorretto verso i loro elettori, una decisione diversa. Per questo motivo sono i grillini ad essere stati la parte lesa nell’affare TAV e sarebbero stati loro gli unici ad avere il diritto di staccare la spina al Governo.

E invece l’ha fatto Salvini, smascherando ancora una volta l’ormai enorme disparità di forza negoziale tra i due componenti della maggioranza. Ora, come al termine di qualsiasi esperienza politica, occorre fare una riflessione su quanto raccolto da quest’esecutivo, al netto delle promesse fatte, e sui motivi reali che hanno portato a questa brusca interruzione.

Innanzitutto occorre fissare il preciso periodo dell’anno scelto chirurgicamente da Salvini per questa decisione.

L’otto agosto molti elettori stanno pianificando le vacanze o si trovano in spiaggia e, dunque, hanno meno tempo e voglia per concentrarsi su difficili questioni politiche. Ecco che le critiche che potrebbero legittimamente arrivare contro la scelta del Segretario della Lega saranno con buona probabilità smorzate dalle notizie di mercato della Gazzetta sotto l’ombrellone.

In secondo luogo, cosa più importante, la Lega decide di sfilarsi dal Governo a poche settimane dalla stesura della nuova legge di bilancio. Quello che sarebbe dovuto essere un momento cruciale, l’esame di maturità dell’Esecutivo gialloverde viene cosi evitato, come uno studente impreparato che, per saltare l’interrogazione, finge un mal di pancia e non si presenta a scuola.

Entro fine settembre bisognerà in ogni caso inviare a Bruxelles il testo della manovra

che, senza un indirizzo politico, sarà completata da tecnici. Appare di conseguenza inevitabile quell’aumento dell’IVA che, a parole, era stato scongiurato a più riprese dallo stesso Salvini.

Assistiamo dunque impotenti alla più classica scena del capitano che abbandona la nave in mezzo alla tempesta, fuggendo su un gommoncino di salvataggio invece che tentare in tutti i modi di portare in salvo l’imbarcazione.

Un finale tragico

che si accompagna ai risultati, modesti, raggiunti in un anno di Governo, al netto di mirabolanti slogan. Un esecutivo già monco in partenza, con la rinuncia ad avvalersi del preparatissimo Professor Savona come Ministro dell’Economia, relegandolo prima ad un dicastero senza portafoglio e infine parcheggiandolo alla presidenza della Consob, luogo dove non avrebbe potuto arrecare “danno” alcuno.

Senza la giusta personalità

in grado di battagliare ai tavoli di Bruxelles il Governo del cambiamento si è dovuto cosi accontentare di una manovra rispettosa di tutti i più iniqui parametri europei. Quota 100 e reddito di cittadinanza sono stati fatti, ma assolutamente depotenziati. D’altra parte si sono visti i soliti tagli a scuola e sanità, mentre la famiglia Benetton risulta essere ancora proprietaria della maggior parte dei chilometri delle nostre autostrade, nonostante la tragedia del Ponte Morandi.

La tassazione in Italia resta la più alta in Europa e per la tanto promessa flat tax si dovrà aspettare almeno fino all’autunno del 2020 (ammesso che la Lega ottenga una larga maggioranza alle prossime elezioni tale da consentirle l’accesso al dicastero dell’Economia).

Fuori dai confini la situazione non migliora.

Il Nord Africa è di nuovo nel caos: Tripoli è sotto assedio da aprile e barconi di migranti continuano a partire quotidianamente dalle cose libiche. L’Algeria rischia di diventare un’altra polveriera, mentre la Tunisia è ancora scossa da attentati.

Non sono poi state interrotte le sanzioni alla Russia che continuano a danneggiare per miliardi di euro le imprese italiane, mentre gli Stati Uniti non hanno smesso di usarci come burattini per i loro interessi geopolitici.

Insomma alla fine è calata la maschera: chi si credeva illuso di vedere finalmente due forze politiche in grado di sovvertire lo status quo, mettendo in discussione le ormai arcaiche distinzioni tra destra e sinistra, si è infine dovuto ricredere.

D’altronde era prevedibile. Tante volte abbiamo scritto come sia Lega che 5 Stelle si ritrovassero quasi per caso a rappresentare le istanze di ex proletari e piccoli imprenditori (la maggioranza del Paese). Un evento casuale non accompagnato dal dovuto bagaglio ideologico e culturale che un movimento di Governo dovrebbe avere.

La Lega, pur avendo cancellato la dicitura “Nord”, resta un movimento composto da esponenti estremamente attaccati alla tradizione autonomista. “Roma ladrona” e “terroni” sono ancora le credenze che alimentano i pensieri della maggioranza della classe dirigente leghista, Matteo Salvini compreso. Mettere sotto al tappeto tutto ciò, pensando di trasformarsi automaticamente in movimento nazionale è storicamente inconcepibile. E il fanatismo sull’affare TAV (che poco interessa da Roma in giù) lo dimostra.

Sull’altro versante c’è il Movimento 5 Stelle,

che una vera e propria identità non l’ha mai avuta. Anti europeisti a giorni alterni, immigrazionisti negli anni pari e socialisti a seconda del clima, i 5 Stelle non hanno una storia e forse per questo non sono in grado di avere una visione coerente del futuro.

L’illusione di cambiamento c’è stata, l’amara delusione anche.

 

Condividi quest'articolo su -->

Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

Cerca ancora

Lo sgambetto strumentale del MoVimento e la fuga di Sua Maestà Draghi

L’epilogo della crisi di Governo consumatosi nella giornata di ieri ha messo in evidenza due …