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Il principale errore nelle analisi sui fatti di Genova

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Credo che sia un errore strategico quello di ripensare ai fatti di Genova seguendo lo schema retorico di Repubblica, ritornando cioè alla (presunta o reale che sia) ragione dei contestatori del G8.

di Paolo Desogus

È quanto meno un errore strategico sul piano politico. Avere ragione non significa avere delle nobili intenzioni o una buona analisi o ancora saper predire il futuro (posto che poi il movimento no-global avesse realmente previsto le trasformazioni di oggi).

In politica la ragione è sempre di chi sa articolare pensiero e prassi, di chi sa cioè tradurre in un determinato contesto storico la propria visione del mondo. Da questo punto di vista il movimento aveva torto marcio: ha preteso di avere ragione senza fare politica. Non che il sottoscritto fosse invece dalla parte giusta, figuriamoci.

Credo in ogni caso che la sconfitta storica di Genova sia stata proprio quella di rinunciare alla storia, di rinunciare cioè a pensare alla lotta politica dentro il quadro dei reali rapporti di forza. Con Genova abbiamo in altri termini assistito al massimo della divaricazione tra pensiero e prassi.

Oggi, certo, è facile dire tutto questo. Quelli erano gli anni di massima diffusione delle teorie delle moltitudini di Negri, condite da un foucaltismo che risulta inutile e dannoso.

Genova però ci ha insegnato o dovrebbe averci insegnato che quel tipo di pensiero era profondamente sbagliato, profondamente impolitico e virante all’estetica – e tute bianche o pacifisti di Liliput erano ad esempio due diverse manifestazioni di questa medesima regressione estetica.

A vent’anni di distanza credo che dovremmo guardare con grande rispetto a chi ha partecipato alla contestazione, a chi dunque è stato vittima della violenza dello stato italiano e del capitale.

Ma questo rispetto dovrebbe essere orientato in prospettiva, non a darsi ragione retrospettivamente come furbescamente propone la stampa neoliberale, ma rivolto alla ricerca di un’altra via – questa volta politica e non più estetica – per la lotta al grande capitale, oggi come ieri attualissima.
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