Home / Affari di Palazzo / Politica interna / Antitax è trendy: un’occhiata a due formazioni politiche “fuori quota”

Antitax è trendy: un’occhiata a due formazioni politiche “fuori quota”

Condividi quest'articolo su -->

Scomodando spesso e volentieri paragoni storici illustri quali Reagan e Thatcher, la proposta politica di affievolimento delle aspettative fiscali della macchina statale imperversa. I Tea Party estendono le loro ragnatele ben oltre i confini atlantici e, nonostante Monti, mortalmente offeso dalla schiettezza di un simpatico giovane di tale movimento, ritenga solo un’applicazione sgangherata di schemi inapplicabili alla realtà italiana, il movimentismo che vorrebbe una minore ingerenza statale (e fiscale) cresce e si instilla, con diverse sfumature, in molte formazioni politiche, quali quella di Giannino, o, appunto il Tea Party Italia.

Si tratta di una sorta di faidate che aspira, fino a vette esasperate del ragionamento che possono portare a degenerazioni anarchiche, ad una riduzione dell’ingerenza nei mercati, nella regolazione degli stessi, e che si fa un baffo dell’oppressione ingiustificata che nuove realtà possono subire dalla deregolamentazione dei mercati finanziari, che potrebbe portare al capitalismo selvaggio. Forse è proprio il capitalismo selvaggio quello cui tali formazioni politiche, per certi versi, auspicano. Perlomeno quelle più “di destra“, se intendiamo la destra sul modello americano, ben lungi dal concetto di destra italiano, che si basa su radici storiche le quali penetrano nel terreno del welfare, per quanto si tratti di un welfare all’italiana, più positivo, nel quale viene aiutato chi aiuta lo Stato.
Ma tornando alla moda antitax…
Per quanto riguarda il Tea Party, ormai capillarmente presente sul territorio italiano tanto da essere spesso invitato nei talk show politici (già celebre l’intervento contro Monti nel salotto di Lucia Annunziata), esso è per un verso da lodare poiché vorrebbe più meritocrazia a scapito, pare di capire, di meno welfare. Meno assistenzialismo e più fiducia nei mezzi personali, che si traducano in successi o insuccessi. Ecco uno stralcio della missione del TP: “Il movimento Tea Party Italia reclama l’autonomia personale e la responsabilità individuale di ciascuno: lo stato italiano ci tratta come bambini da educare (se non plagiare), tener buoni e far finta di proteggere. Bambini a cui non è consentita nemmeno la possibilità di provare ad essere responsabili di se stessi, ma che devono essere indirizzati a servizi, ideologie, informazione e istruzione già predefinite.
Vogliamo che lo stato ci tratti invece da adulti: vogliamo la libertà di scegliere scuola, e sanità, pensioni e la facoltà di vivere in paese in cui vige la regola del libero mercato e non del clientelismo e dell’apparato.
Vogliamo che i nostri successi e i nostri fallimenti siano da imputare esclusivamente a noi stessi e non a qualcuno che vorrebbe governare dall’alto le nostre vite.
Noi diffidiamo dallo stato che dice di agire “per il nostro bene”, perché crediamo di essere gli unici a sapere cosa è bene per noi stessi.
Vogliamo, in sintesi, più libertà: che spesso si può tradurre in “meno stato” nelle nostre vite. Non un governo migliore, ma un governo che governi meno.
Qualcosa di radicalmente diverso dalla destra che siamo abituati a conoscere, ma comunque qualcosa di destra, poiché conservatore e fiero, sicuro dei propri mezzi e pregno, questo lo ravvisiamo da molti altri scritti, di valori conservatori: Dio, Patria e Famiglia sono slogan del partito-madre americano, scanditi ad ogni sit-in con protervia quasi assordante.
Per quanto riguarda la detassazione proposta da Giannino, che i sondaggi tutti danno fuori da qualsiasi possibilità di entrare in Parlamento, considerato anche che non si apparenterà con alcuna coalizione o lista, il movimento Fare per fermare il declino propone di tagliare le spese per poter tagliare le tasse: insomma, meno sprechi, che spesso e volentieri significa meno Stato (e qui non si può che concordare, ainoi).
Per affrontare questa minaccia incombente (il commissariamento del paese ndr), con tanti altri non-politici che condividono la ricetta, (…) siamo convinti che nell?offerta politica attuale non ci sia niente di adeguato alla portata di questa minaccia, al nuovo patto con gli italiani che serve per affrontarlo“. Ecco dunque il perché della finora travagliata storia di Fermare il declino.
L’economista dice di non sentirsi “un salvatore della patria”, ma avverte sui rischi che corre il Belpaese: “Arrivo personalmente a dire che, insieme ad altri, penso che se dovessimo finire sotto il tallone di un?ulteriore repressione fiscale, per colpa della vecchia politica, vincolo costituzionale o meno chiederei un referendum perché fossero gli italiani a scegliere se assoggettarsi a una tenaglia fiscale amazzafuturo, o se invece scegliere la strada autonoma del tagliadebito e del tagliaspese“. Il concetto è chiaro: sia che si tratti di una lista, di un movimento o di un referendum, il cavallo di battaglia di Giannino è “meno tasse, meno tasse, meno tasse”.
Condividi quest'articolo su -->

Di Redazione Elzeviro.eu

--> Redazione

Cerca ancora

La furia cieca e lo stridor di denti della sinistra sconfitta

Dopo il successo clamoroso di “Fratelli d’Italia” si scatena nel paese la furia scomposta di …